Il Giornale di Brescia ha messo facebook in lockdown. Davide contro Golia, un piccolo giornale locale, ma con una grande tradizione, contro una multinazionale, over the top, oltre le massime dimensioni. E’ una notizia che sarebbe dovuta essere la notizia, ma invece è rimasta sotto traccia. La scelta della società editrice bresciana, garbata anche nello spiegare le ragioni di questa decisione, deriva dalla volontà di non sottomettere lo stile di un giornale alle intemperanze verbali dei tanti leoni da tastiera che confondono la libertà di espressione con il diritto di offendere.
Il limite dei social network non sono gli argomenti, che sono sempre gli stessi, ma i toni. E di chi ritiene che vince chi urla di più: o chi la spara più grossa. Argomenti oggetto di dibattiti, di tavolo rotonde e di commissioni che fanno il paio con gli Stati generali, servono solo a dar fiato alle trombe, mentre i tromboni spopolano sui social. Sono proprio queste le ragioni per cui la decisione del Giornale di Brescia va apprezzata, perché rinunciare ad uno dei principali attrattori di visitatori in nome della qualità del prodotto e della garanzia del livello del dibattito è un sacrificio concreto.
Non ci sono né chiacchiere, né distintivi, ma un fatto che merita di essere raccontato. E probabilmente seguito per aprire finalmente a livello globale un serio confronto tra chi produce i contenuti e chi li utilizza. Non è un problema di diritto d’autore, o almeno non solo. Ma di diritto alla dignità dell’informazione che non può essere rimessa alle limitazioni di un algoritmo che diventa il nuovo arbitro della libertà di pensiero. La sanificazione della parola, termine utilizzato dalla redazione de “Il Giornale di Brescia” nel suo comunicato, è a beneficio di tutti. Una enorme lezione da un piccolo giornale.
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