Il Garante della privacy con il provvedimento dello scorso 21 marzo 2021 ha comminato una sanzione di 20.000 euro alla Gedi S.p.A. nell’ambito di un procedimento avviato per non aver rimosso un articolo dal proprio archivio on line. In realtà la sanzione concerne il comportamento formale della società editrice e non la sostanza dei fatti. Infatti, la Gedi non ha risposto nei tempi e con le modalità dovute alla richiesta di rimozione dell’articolo e per questa ragione le è stata comminata la sanzione. Sono, invece, molto interessanti i ragionamenti che il Garante ha sviluppato in relazione all’obbligo di rimuovere i contenuti ritenuti lesivi del diritto all’oblio.
Infatti, nonostante i fatti siano molto risalenti nel tempo, in quanto il soggetto che ha aperto il reclamo ha chiesto la rimozione di fatti di cronaca avvenuti nel 1998, il Garante ha ritenuto che la finalità di conservazione e di tutela dell’archivio sotto il profilo storico-documentarista prevale sul diritto del soggetto coinvolto. Il diritto all’oblio concerne, quindi, la legittima aspettativa che un articolo venga deindicizzata, ossia che non venga consentita la rintracciabilità on line; ma non si estende al punto da legittimare la richiesta della cancellazione della notizia stessa, come se il fatto non fosse mai accaduto.
Il Garante pone, quindi, gli archivi dei giornali al riparo da possibili richieste che vadano ad amputare l’integrità della storia stessa delle cronache. Il provvedimento, al contempo, ribadisce proprio con la sanzione comminata alla Gedi la necessità non solo di deindicizzare le notizie laddove vi siano i requisiti previsti dal diritto all’oblio, ma di intervenire nei procedimenti con puntualità nella qualità delle risposte, evitando generalizzazioni, e sotto il profilo temporale.
Marina Pisacane
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