Il diritto all’oblio e internet

Il diritto all’oblio e internet

 

Nota a

Cass. Civ., Sez, III, del 5 aprile 2012, n. 5525

di Fiammetta Caggiano

IL FATTO

 

Su un quotidiano on line viene pubblicata la notizia relativa all’arresto per corruzione di un espo- nente politico di un piccolo Comune.

L’inchiesta giudiziaria conduce al proscioglimento di quest’ultimo. La notizia su internet non viene mai aggiornata.

A distanza di molti anni, cercando sui motori di ricerca, tramite parole chiave, risulta esclusivamen- te la notizia dell’arresto, spostata nel frattempo nell’archivio storico del quotidiano on line, e non quel- la del proscioglimento.

L’interessato fa, dunque, istanza al Garante per la protezione dei beni personali chiedendo il “bloc- co dei dati personali che lo riguardavano contenuti nell’articolo”.

Il Garante rigetta l’istanza.

Avverso il provvedimento di rigetto, l’interessato spiega opposizione dinanzi al Tribunale. Il Tribunale respinge l’opposizione.

L’interessato propone ricorso in Cassazione, ai sensi dell’art. 152, comma 13 del D.lgs. n. 196 del

2003.

Il ricorrente lamenta che il giudice di merito abbia rigettato la domanda di “spostamento di un articolo pubblicato molti anni prima in un’area di un sito web non indicizzabile dai motori di ricerca”, erronea- mente argomentando dai rilievi che “l’articolo di cui si discute non può essere tecnicamente inteso come una nuova pubblicazione” e che “la ricerca effettuata attraverso i comuni motori – non direttamente le- gata all’articolo del (OMISSIS) – da, in realtà, contezza degli esiti processualmente favorevoli”. L’interessato lamenta, ancora, che l’articolo in questione “non reca, in sè, la notizia – distinta e succes- siva – che l’inchiesta giudiziaria che aveva condotto all’arresto del ricorrente si sia poi conclusa con il proscioglimento del medesimo, sicchè, ancora oggi, egli è soggetto allo stigma derivante dalla conti- nua riproposizione di una notizia che, al momento della sua pubblicazione era senz’altro vera ed at- tuale, ma che oggi, a distanza di un così grande lasso di tempo ed in ragione delle sopravvenute vi- cende favorevoli, getta un intollerabile alone di discredito sulla persona del ricorrente, vittima di una vera a propria gogna mediatica”.

 

 

Il giudice di prime cure, invero, muovendo dalla considerazione che “l’inserimento di una sorta di se- quel nell’articolo contenuto in archivio farebbe venir meno il valore di documento del testo stesso, va- nificandone così la funzione storico-documentaristica”, non ha considerato il diritto dell’interessato al- l’aggiornamento, alla rettificazione ovvero alla integrazione dei dati.

La Corte ritiene il motivo fondato ed accoglie il ricorso.

 

IL DIRITTO

 

La sentenza in esame affronta i temi del cd. diritto all’oblio e del diritto alla protezione dei dati per- sonali.

Il diritto all’oblio, ovvero il diritto ad essere dimenticati, rappresenta una specificazione del diritto alla riservatezza1.

Nel provvedimento, la Corte coglie l’occasione per ripercorrere l’evoluzione di tale diritto.

Il diritto alla riservatezza tutela il soggetto dalla curiosità pubblica (in ciò distinguendosi dal dirit- to al segreto, il quale protegge dalla curiosità privata), essendo volto a tutelare l’esigenza che i fatti della vita privata, anche se corrispondenti a verità, non vengano divulgati.

Premesso che ogni libertà civile trova il proprio limite nell’altrui libertà e nell’interesse pubbli- co idoneo a fondare l’eventuale sacrificio dell’interesse del singolo, la tutela del diritto alla riser- vatezza va contemperata, in particolare, con il diritto di informazione ed il diritto alla informazione, non- ché con i diritti di cronaca, di critica, di satira e di caricatura, questi ultimi trovanti a loro volta limite nel diritto all’identità personale o morale del soggetto cui l’informazione si riferisce.

Il diritto alla riservatezza ha trovato tutela prima nella L. n. 675 del 1996, successivamente abrogata e sostituita dal D.Lgs. n. 196 del 2003, cd. Codice in materia di protezione dei dati personali, che ha introdotto un sistema informato al prioritario rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali e della di- gnità della persona, e in particolare della riservatezza e del diritto alla protezione dei dati personali non- ché dell’identità personale o morale del soggetto.

Al contenuto del diritto alla riservatezza si è, difatti, aggiunto il diritto alla protezione dei dati perso- nali, il cui trattamento è soggetto a particolari condizioni2.

Sul tema, riveste un fondamentale rilievo il bilanciamento tra contrapposti diritti e libertà fondamen- tali, dovendo al riguardo tenersi conto della circostanza che il diritto alla protezione dei dati personali assume il rango di diritto fondamentale.

Il diritto alla protezione dei dati personali trova, invero, la propria tutela, oltre che nel D.Lgs. n. 196 del 2003, negli artt. 2 e 21 Cost., nonché nell’art. 8 Carta dei diritti fondamentali dell’UE, configu- randosi quale diritto a mantenere il controllo sulle proprie informazioni.

Ai sensi dell’art. 1 del D.Lgs. n. 196 del 2003, tale diritto spetta a “chiunque” Parallelamente, l’art. 8

Carta dei diritti fondamentali dell’UE prevede che esso spetti ad “ogni persona”, concorrendo così, nei diversi contesti ed ambienti di vita, “a delineare l’assetto di una società rispettosa dell’altro e della sua dignità in condizioni di eguaglianza”3.

Come rilevato dalla Corte, il D.Lgs. n. 196 del 2003 ha, dunque, sancito il passaggio da una conce- zione statica a una concezione dinamica della tutela della riservatezza, tesa al controllo dell’uti- lizzo e del destino dei dati.

L’interessato è divenuto compartecipe nell’utilizzazione dei propri dati personali.

L’art. 7 del D.Lgs. n. 196 del 2003 attribuisce, difatti, a quest’ultimo il diritto di conoscere in ogni momento chi possiede i suoi dati personali e come li adopera, nonché di opporsi al trattamen- to dei medesimi, ancorché pertinenti allo scopo della raccolta, ovvero di ingerirsi al riguardo, chieden- done la cancellazione, la trasformazione, il blocco, ovvero la rettificazione, l’aggiornamento, l’in- tegrazione.

Quanto al trattamento dei dati personali, l’art. 11 prevede che questi debbano essere: a) trattati in modo lecito e secondo correttezza; b) raccolti e registrati per scopi determinati, espliciti e le- gittimi, ed utilizzati in altre operazioni del trattamento in termini compatibili con tali scopi; c) esatti e, se necessario, aggiornati; d) pertinenti, completi e non eccedenti rispetto alle finalità per le quali sono raccolti o successivamente trattati; e) conservati in una forma che consenta l’identificazione dell’interessato per un periodo di tempo non superiore a quello necessario agli scopi per i quali essi sono stati raccolti o successivamente trattati.

Fondamentale, al fine di stabilire se il trattamento dei dati personali sia lecito, è la valutazione della fi- nalità del medesimo: quest’ultima, invero, costituisce un vero e proprio limite intrinseco del tratta- mento lecito dei dati personali, fondando l’attribuzione all’interessato del potere di relativo controllo, sia con riferimento alle finalità originarie che ai successivi impieghi, con facoltà di orientarne la sele- zione, la conservazione e l’utilizzazione.

L’art. 11 prevede che l’informazione, oggetto di trattamento, debba rispondere ai principi di proporzio- nalità, pertinenza e non eccedenza, ovvero a criteri di proporzionalità, necessità, pertinenza allo scopo, esattezza e coerenza con la sua attuale ed effettiva identità personale o morale. L’interessato ha un vero e proprio diritto a che tali principi vengano rispettati nel trattamento dei propri dati.

La Corte, sottolinea, peraltro, che, anche a non voler considerare le fonti normative di tali diritti, è il ri- spetto dello stesso principio di correttezza, quale generale principio di solidarietà sociale, ad impor- re l’esigenza del bilanciamento in concreto degli interessi, e, conseguentemente, il diritto dell’interes- sato ad opporsi al trattamento, quand’anche lecito, dei propri dati4.

Dunque, da una parte, l’interesse pubblico sotteso al diritto all’informazione, tutelato dall’art. 21

Cost., costituisce un limite al diritto fondamentale alla riservatezza, dall’altra, tuttavia, al soggetto cui i dati pertengono è attribuito il diritto all’oblio5.

Nell’ipotesi in cui il trattamento dei dati personali abbia ad oggetto dati pubblici o pubblicati, il dirit- to all’oblio salvaguarda la proiezione sociale dell’identità personale, l’esigenza del soggetto di essere tutelato dalla divulgazione di informazioni potenzialmente lesive in ragione della perdita di at- tualità delle stesse, in considerazione del lasso di tempo intercorso dall’accadimento del fatto che co- stituisce l’oggetto, sicché il relativo trattamento viene a risultare non più giustificato ed anzi suscettibi- le di ostacolare il soggetto nell’esplicazione e nel godimento della propria personalità6.

Il soggetto cui l’informazione oggetto di trattamento si riferisce ha diritto al rispetto della propria identità personale o morale, a non vedere cioè “travisato o alterato all’esterno il proprio patrimonio intellettuale, politico, sociale, religioso, ideologico, professionale”7 e, pertanto, alla verità della propria immagine nel momento storico attuale.

L’interesse del soggetto a non vedere ulteriormente divulgate notizie di cronaca che lo riguar- dano deve contemperarsi con l’eventuale l’interesse pubblico alla relativa conoscenza o divulga- zione per particolari esigenze di carattere storico, didattico, culturale o, più in generale, deponenti per il persistente interesse sociale riguardo ad esse

La rilevanza di un fatto di cronaca quale fatto storico giustifica la permanenza del dato, mediante la conservazione in archivi diversi da quello in cui esso è stato originariamente collocato, quale ad es. un archivio storico, come nel caso di specie.

D’altra parte, l’art. 11 del D.Lgs. n. 196 del 2003 consente che i dati raccolti e trattati per una deter- minata finalità possono essere successivamente utilizzati in altre operazioni del trattamento in termini compatibili con tali scopi.

Anche in tale ipotesi, tuttavia, i dati devono essere trattati in modo lecito e secondo correttezza ed es- sere conservati in forma che consenta l’identificazione del soggetto cui gli stessi pertengono per un periodo non superiore a quello necessario agli scopi per i quali essi sono stati raccolti e trattati. E’ necessario, allora, a salvaguardia dell’attuale identità sociale del soggetto cui la stessa afferisce, ga- rantire al medesimo la contestualizzazione e l’aggiornamento della notizia già di cronaca che lo riguarda, e cioè il collegamento della notizia ad altre informazioni successivamente pubbli- cate concernenti l’evoluzione della vicenda, che possano completare o anche radicalmente muta- re il quadro che si evince dalla notizia originaria, a maggior ragione se si tratta di fatti oggetto di vicen- da giudiziaria.

Tali conclusioni sono ancor più rilevanti con riferimento alla pubblicazione e conservazione di notizie su internet, reperibili mediante i motori di ricerca.

Il rispetto al diritto alla riservatezza in internet non attiene, difatti, solo al trattamento dei dati in rete, ma anche alla loro conservazione.

Il soggetto che effettua il trattamento dei dati può, difatti, memorizzare una notizia, sia essa collocata o meno in un archivio, anche nella rete internet, ad es. negli archivi storici dei giornali on line, come nel caso di specie.

Si distingue, invero, tra archivio e memoria della rete internet.

L’archivio si caratterizza per essere ordinato secondo criteri determinati, con informazioni intercorre- late volte ad agevolarne l’accesso e a consentirne la consultazione; mentre la rete internet costitui- sce un ente ove le informazioni non sono archiviate ma solo memorizzate, dotato di una memoria illi- mitata e senza tempo8.

La memoria della rete internet, dunque, non è un archivio, ma un deposito di archivi.

Nella rete internet le informazioni non sono organizzate e strutturate, ma risultano isolate e prive di contestualizzazione, nonché prive di collegamento con altre informazioni pubblicate: ne de- riva l’esigenza di attribuzione della fonte dell’informazione ad un soggetto della relativa affidabilità, della qualità e della correttezza dell’informazione.

Con riferimento alla rete internet, non si pone, quindi, un problema di pubblicazione o di ripubblicazio- ne dell’informazione, quanto di permanenza della medesima nella memoria della rete internet e, a monte, nell’archivio del titolare del sito sorgente.

Le informazioni personali, pubblicate in rete, dovrebbero essere cancellate quando non sono più ne- cessarie per il trattamento per cui erano state raccolte. Ogni ulteriore conservazione potrebbe, difatti, ledere il diritto all’oblio dei soggetti, ovvero il diritto a non vedere riproposto all’attenzione pub- blica tutte le vicende personali, soprattutto quelle sgradevoli, idonee a gettare discredito sul- l’interessato9.

L’attività di cancellazione può essere richiesta al motore di ricerca, mediante la rimozione di una pagi- na o di un intero URL, ma tale attività non è posta in essere nella pratica.

Esistono, peraltro, dei siti che memorizzano i dati scomparsi da altri siti.

Gli archivi sono, dunque, quelli dei singoli utenti che accedono alla rete, dei titolari dei siti, che costi- tuiscono invero la fonte dell’informazione (c.d. siti sorgente).

Il motore di ricerca ha la funzione di rendere accessibili sul sito web i dati dei c.d. siti sorgen- te assolvendo ad un’attività di mero trasporto delle informazioni.

Esso è un mero intermediario telematico, che offre un sistema automatico di reperimento di dati e in- formazioni attraverso parole chiave, un mero database che indicizza i testi sulla rete e offre agli uten- ti un accesso per la relativa consultazione.

Il motore di ricerca non svolge, dunque, un ruolo attivo, ma ha il potere-dovere di impedirne la in- dicizzazione ed il posizionamento una volta venuto a conoscenza del contenuto illecito delle medesime contenute nei siti sorgente10.

Il trascorrere del tempo assume rilievo con riferimento sia agli archivi del soggetto che accede alla rete

internet sia alla memoria di quest’ultima.

Occorre, quindi, valutare l’interesse pubblico alla conoscenza della notizia, sia essa di cronaca o storica, e l’esigenza di garantire e mantenere la memoria dell’informazione, da contemperarsi con il diritto all’oblio del soggetto cui l’informazione si riferisce.

Dall’altra parte, occorre considerare che il titolare del dato medesimo ha un diritto di controllo a tu- tela della proiezione dinamica dei propri dati e della propria immagine sociale, che può tradur- si, anche quando trattasi di notizia vera, e a fortiori se di cronaca, nella pretesa alla contestualizza- zione e aggiornamento della notizia, e se del caso, avuto riguardo alla finalità della conservazione e all’interesse che la sottende, anche alla relativa cancellazione.

Ai fini della lecita a corretta utilizzazione dei dati è, difatti, necessario che sussista una stretta corre- lazione temporale tra l’identificabilità del titolare dei dati e la finalità del relativo trattamento. La finalità del trattamento, invero, condiziona la persistente identificabilità del soggetto titolare dei dati ma è, a sua volta, normativamente costretta dai rigorosi limiti temporali per i quali è giustificata, ai sensi dell’art. 11 D.Lgs. n. 196 del 2003, ovvero “per un periodo non superiore a quello necessario agli scopi per i quali essi sono stati raccolti o successivamente trattati”.

Tutto ciò premesso, secondo il parere della Suprema Corte, il giudice di merito ha errato nel rigettare l’opposizione avverso il provvedimento del Garante, in quanto non ha fatto applicazione dei principi suesposti.

Se è senz’altro ammissibile il passaggio dei dati all’archivio storico, è tuttavia necessario, ai fini della liceità e correttezza del relativo trattamento e della relativa diffusione a mezzo della rete internet, che l’informazione e il dato trattato risultino debitamente integrati e aggiornati.

Anche in tale ipotesi, invero, i dati devono risultare “esatti” e “aggiornati”, in relazione alla finalità del loro trattamento.

La notizia non può continuare a risultare isolatamente trattata e non contestualizzata in relazione ai successivi sviluppi della medesima: a maggior ragione nell’ipotesi di inserimento in un archivio storico memorizzato nella rete di internet.

Ciò al fine di tutelare e rispettare la proiezione sociale dell’identità personale del soggetto, che, come nel caso di specie, costituisce lo scopo che fonda l’interesse pubblico alla persistente conoscenza della notizia.

Nel caso di specie, l’interesse pubblico alla persistente conoscenza di un fatto avvenuto in epoca molto anteriore trova, difatti, giustificazione nell’attività svolta dal soggetto titolare dei dati.

Qualora la vicenda, originariamente pubblicata, abbia registrato una successiva evoluzione, non può prescindersi dalla informazione in ordine a quest’ultima, giacché altrimenti la notizia, originariamente completa e vera, diviene non aggiornata, risultando quindi parziale e non esatta, e pertanto sostanzialmente non vera.

Se al momento del relativo trattamento quale notizia di cronaca, essa era vera, esatta ed ag- giornata e come tale ha costituito oggetto di trattamento, il suo successivo spostamento in altro archivio di diverso scopo, come l’archivio storico, con memorizzazione anche nella rete internet, deve essere realizzato con modalità tali da consentire alla medesima di continuare a mantene- re i suindicati caratteri di verità ed esattezza, e conseguentemente di liceità e correttezza, median- te il relativo aggiornamento e contestualizzazione.

Solo in tal modo essa risulta, infatti, non violativa non solo del diritto all’identità personale o mora- le del titolare, nella sua proiezione sociale, del dato oggetto di informazione e di trattamento, ma anche dello stesso diritto del cittadino utente a ricevere una completa e corretta informazione. La Corte riconosce, quindi, all’interessato il diritto di ottenere l’integrazione ovvero l’aggiornamen- to della notizia in argomento a lui relativa, così come previsto dall’art 7 del D.lgs. 196/2003. L’aggiornamento comporta l’inserimento di notizie successive o nuove rispetto a quelle esi- stenti al momento iniziale del trattamento, ed è volto a ripristinare la completezza e pertanto la verità della notizia, non più tale in ragione dell’evoluzione nel tempo della vicenda.

Tale attività deve, peraltro, essere posta in essere dal titolare del sito che ha pubblicato la notizia, e non dal motore di ricerca.

Nel caso di specie, secondo la Corte, sussiste un persistente interesse pubblico alla conoscenza della ormai “storica” notizia in argomento, in considerazione della circostanza che l’odierno ricorrente è un possibile candidato politico in una delle ultime tornate elettorali nonché uno dei candidati in pectore per cariche, seppur non politiche, di rilievo pubblico.

Si riconosce all’interessato, tuttavia, il diritto, a tutela della sua attuale identità personale o mora- le, all’aggiornamento della notizia di cronaca de qua, essendo necessaria una misura che consen- ta l’effettiva fruizione della notizia aggiornata, richiedendosi la predisposizione di sistema idoneo a se- gnalare la sussistenza nel caso di un seguito e di uno sviluppo della notizia, e quale esso sia, consen- tendone il rapido ed agevole accesso ai fini del relativo adeguato approfondimento.

La Suprema Corte conferma, dunque, l’esigenza di tutela del diritto all’oblio, imponendo la cassazio- ne con rinvio della sentenza impugnata.

1. AulettA, Diritto alla riservatezza e droit a l’oubliI, in L’informazione e i diritti della persona, a cura di AlpA-Bessone-Boneschi-cAiAzzA, napoli, 1983, 130.

2. cass., 25 maggio 2000, n. Giust. civ. Mass. 2000, 1111; cass., 24 aprile 2008, n. Diritto & Giustizia 2008.

3. cass., 4 gennaio 2011, n. Diritto & Giustizia 2011.

4. cass., sez. un., 25 novembre 2008, n. 28056, in Giust. civ. Mass. 2008, 11, 1681; cass., 27 aprile 2011, n. 9404, in Giust. civ. Mass. 2011, 4, 663.

5. cass., 9 aprile 1998, n. 3679, in Giust. civ. Mass. 1998, 778.

6. cass., 25 giugno 2004, n. 11864, in Giust. civ. Mass. 2004, 6.

7. cass., 22 giugno 1985, n. 7769.

8. sul pregiudizio che possa derivare, in mancanza di un intervento legislativo, all’interesse a “rifarsi una vita”, qualora la notizia lesiva dell’onore o della reputazione altrui rimanga a disposizione del pubblico per un periodo indefinito, AulettA, Riservatezza e personalità, Milano, 1978, 9-19.

9. Morelli, voce Oblio, in Enc. Dir., Aggiornamento, Vi, 2002, 848 e ss.

10. Tribunale Roma, 22 marzo 2011, in Redazione Giuffrè 2011.