IL DDL LEVI E IL MERCATO PUBBLICITARIO (Chiarimenti dell’Art.11 comma 4 del testo)

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“Gli esercenti attività di intermediazione sulla pubblicità non possono ricevere
alcuna remunerazione o vantaggio da parte di soggetti diversi dai committenti”. Ecco cosa cambierebbe. Se da un lato potrebbero essere condivisibili gli obiettivi dichiarati di tutela della trasparenza del mercato pubblicitario e di prevenzione dei processi di concentrazione sia sul lato dell’offerta sia sul lato della domanda del mercato pubblicitario medesimo, obiettivi cui si ispirerebbero le predette norme, secondo le dichiarazioni dei proponenti e le relazioni accompagnatorie delle proposte di provvedimenti. Tuttavia la previsione secondo la quale “Gli esercenti di attività di intermediazione sulla pubblicità non possono ricevere alcuna remunerazione o vantaggio da parte di soggetti diversi dai committenti” è in primo luogo esorbitante e sproporzionata rispetto all’obiettivo e in secondo luogo controproducente ai fini della deconcentrazione del mercato. L’esorbitanza è patente perché, se l’obiettivo è quello di colpire pratiche come i cosiddetti diritti di negoziazione riconosciuti ai centri media, in quanto ritenute tali da rendere poco trasparente il mercato, in realtà una previsione così amplia come il divieto di “ogni forma di remunerazione o vantaggio” travolge anche pratiche comuni al mercato e trasparenti, a partire dalla commissione di agenzia o dallo stesso sconto d’agenzia (che costituiscono senza dubbio una remunerazione nel primo caso e un vantaggio nel secondo caso) per arrivare alla retribuzione a prezzi di mercato di specifici servizi forniti da strutture di intermediazione, come ricerche a favore dei mezzi integrative rispetto alle indagini di base (come Auditel, Audiradio, Audipress e similari). Altrettanto patente è la sproporzione della misura, laddove si consideri che, al fine di tutelare la trasparenza di una prassi di remunerazione, si finisce con il vietarla del tutto. Si badi infatti che, se, come recitano le previsioni normative precitate, di attività di intermediazione si tratta, la remunerazione di una attività di intermediazione da parte sia dell’acquirente sia del venditore è prassi comune in molti mercati (a partire da quello immobiliare) ed è prevista e regolata dal codice civile (artt.1754 e seguenti). Non vi è motivo quindi di vietare nel mercato pubblicitario detta prassi, mentre risulta opportuno regolamentarla al fine di renderla trasparente e controllabile, per esempio, attraverso obblighi di pubblicazione nei bilanci degli editori / delle concessionarie dei costi sostenuti a titolo di remunerazione delle attività di intermediazione e, nei bilanci dei centri media, dei ricavi ottenuti a tale titolo dai differenti mezzi/dalle differenti concessionarie. Infine, vi sono seri motivi per ritenere che il divieto assoluto di ogni “remunerazione o vantaggio” abbia effetti concentrativi e non de-concentrativi sul mercato pubblicitario. Sul lato della domanda è ragionevole attendersi che l’eliminazione della commissione (o dello sconto) di agenzia e dei diritti di negoziazione tenda a colpire più che proporzionalmente gli operatori con minore capacità negoziale (le piccole e medie imprese di comunicazione che rappresentano la stragrande maggioranza degli operatori e degli addetti di questo settore) neiconfronti degli investitori pubblicitari, e quindi acceleri il processo di concentrazione a favore dei grandi gruppi multinazionali. Sul lato dell’offerta, le concessionarie/i mezzi più strutturati sia per quanto attiene alla organizzazione di vendita sia per quanto attiene ai servizi di marketing information non subiranno alcun danno; viceversa gli operatori minori, i new-comers che non si possono permettere consistenti organizzazioni di vendita, ricerche integrative, servizi di marketing information strutturati, e che pertanto utilizzano i servizi dei centri media e delle agenzie in via sussidiaria, vedranno trasformando in costi fissi quelli che oggi sono costi variabili.

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