Con un tweet il Ministro Passera ha annunciato l’approvazione dello statuto dell’Agenzia digitale. Cinguettando, cinguettando il banchiere del professore ha anche aggiunto che si tratta di “un altro passo avanti per l’Agenda digitale e per dotare i cittadini di servizi più efficienti”. Passera, è proprio il caso di dirlo… vola alto ed il tweet fa pensare ad un modello di sviluppo estremamente rapido, che non lascia spazio ai tempi classici della comunicazione istituzionale. Il mondo digitale corre veloce, velocissimo, i “bytes” sono questioni di attimi. Eppure l’Agenzia per l’Italia digitale è stata istituita quasi un anno fa con il decreto legge 22 giugno 2012, n. 83. Non una legge ordinaria dello Stato: non c’erano i tempi per affidare la discussione al dibattito parlamentare. Ricorrevano, secondo il Governo Monti, i requisiti di massima urgenza. E, quindi, dopo circa nove mesi il Governo ha lanciato il nuovo statuto, annunciandone l’approvazione come un successo. Immaginate cosa sarebbe successo all’amministratore di una società di capitali che fa trascorrere un periodo simile per dare seguito ad una previsione di legge. Ma cosa accade ora? Accade che i ministeri competenti dovranno dare seguito all’approvazione dello statuto dell’agenzia indicando i nominativi dei soggetti che dovranno garantire la governance dell’agenzia. E sì, perché seppur prevista in un decreto legge in tema di sviluppo, l’ennesima Agenzia pubblica, delegata all’ennesima cabina di regia, nell’ennesimo susseguirsi di spot governativi, nasce con un taglio alla spesa pubblica destinata al digital divide. In altri termini il Governo ha provato a friggere l’aria con l’acqua. Ma ora si entra nella fase più amata dalle altissime istituzioni: quella delle nomine. E chissà se il prossimo ministro dell’Economia avrà il tempo per fare una conferenza stampa o comunicherà la scelta dei rappresentanti indicati dai Ministeri su Facebook. Conta poco, la banda larga può aspettare, il problema non è il digital divide, ma approvare gli statuti e fare le nomine. In questo Paese davvero nessuno perde tempo a pettinare le bambole
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