La scelta di chiudere i tg sportivi ha fatto infuriare anche il comitato di redazione di Rai Sport. La decisione dell’azienda era già stata accolta dall’Usigrai con l’annuncio di uno sciopero audio e video previsto per mercoledì prossimo, 29 dicembre. La replica dei dirigenti di viale Mazzini alle accuse del sindacato ha sollevato, ora, la reazione dei giornalisti sportivi della Rai. Che in una nota hanno stigmatizzato la risposta dell’azienda “smontandone” le ragioni, quelle alla base della scelta di chiudere le edizioni notturne dei tg sportivi in Rai.
In una nota, il Cdr di Raisport ha riferito di ritenere “inaccettabile e incomprensibile la risposta dell’azienda al comunicato sindacale con il quale si annuncia lo sciopero dei giornalisti della Rai del 29 dicembre. Non crediamo che sia nella logica del Servizio Pubblico valutare solo in termini di ascolti il Tg Sport della notte, primo e unico appuntamento a informare i cittadini sugli eventi sportivi della sera”. E inoltre. “Così come non si può affermare, come invece fa l’Azienda, che i cittadini potranno ugualmente essere informati grazie a trasmissioni, come 90′ Minuto, che durante la settimana non sono in palinsesto”.
Nel documento, sottoscritto dal Cdr Rai Sport insieme all’esecutivo Usigrai e al Fiduciario di Milano, i giornalisti hanno aggiunto. “inoltre che 90° minuto viene trasmesso il giorno dopo le partite e gli eventi sportivi del sabato sera (dei quali, dunque, non si darebbero tempestivamente notizie e immagini, lasciando così campo libero alla concorrenza)”. E infine “non risponde al vero che i telespettatori potranno vedere i servizi sulla serie B a 90° e DS: per una questione di diritti sportivi la serie B di calcio la possiamo trasmettere solo nei TG”.
Insomma, la replica dell’azienda farebbe acqua da tutte le parti. E le ragioni addotte dal management, così come “smontate” dai giornalisti, lascerebbero intravedere da qui a poco il rinfocolarsi di un dibattito che si preannuncia infuocato. E minaccia di aprire il nuovo anno con una situazione, tra vertici e sindacati, ancora più infiammata di quella che conclude il 2021.