«Volevamo gareggiare in serie A, ma non ci siamo riusciti». Luca Telese, ormai ex direttore di Pubblico, non sa ancora darsi una spiegazione per la chiusura del suo giornale. Dopo appena cento giorni di vita, il quotidiano ha chiuso i battenti il 31 dicembre scorso con un buco di 800 mila euro. E per un giornale che ha rifiutato il finanziamento pubblico quella passività ha rappresentato un ostacolo insormontabile.
Né carta né web. Il quotidiano ha chiuso anche il sito Internet. Le ultime tracce digitali del giornale resistono solo su Twitter. L’ultimo tweet datato 31 dicembre di Federico Mello, uno dei giornalisti di Pubblico, fa notare che «l’unica cosa che andava bene era proprio il sito». «Lo abbiamo dovuto chiudere perché la nostra società non aveva più fondi a disposizione. Anche il web ha bisogno di finanziamenti e da sola la pubblicità non riusciva a pagare il lavoro dei giornalisti», spiega Telese.
Dal 20 febbraio i diciannove giornalisti della redazione andranno in Cassa Integrazione. Per Telese, che è anche editore e gli altri diciotto soci, il ricorso agli ammortizzatori sociali è stato inevitabile: «A giugno scorso la situazione del mercato editoriale italiano appariva difficile – spiega Telese – ma nessuno avrebbe mai immaginato che a settembre ci sarebbe stato il crollo. Al momento nessuno ha la ricetta giusta per far sopravvivere la carta e non esistono altri modelli vincenti».
In soccorso dei soci di Pubblico è arrivato Alessandro Proto. Il trentottenne ambiguo uomo d’affari il 13 febbraio scorso ha dichiarato di aver rilevato la proprietà di Pubblico. L’accordo è stato raggiunto nel mese di gennaio, dopo un incontro fra Telese e Proto: «Il suo obiettivo – conferma il giornalista – è trasformare Pubblico in un Fatto Quotidiano di destra. Per questo motivo ho rinunciato alla carica di direttore, ma la trattativa è andata avanti».
L’assemblea dei soci ha accettato i 400mila euro proposti da Proto per acquistare il giornale, ma ventiquattro ore dopo l’annuncio, la Guardia di Finanza ha arrestato il finanziere milanese per manipolazione del mercato. «Anche se è capitato questo spiacevole episodio – dichiara Tommaso Tessarolo amministratore di Pubblico – il giornale di fatto è di proprietà di Proto. L’assemblea dei soci ha accettato la sua offerta e quindi ora manca solo il passaggio notarile. Entro la prossima settimana dovrebbe essere nominato un legale rappresentante che possa concludere formalmente la trattativa».
La vicenda di Pubblico dimostra quanto sia complicato applicare un modello di editoria pura in Italia. In Francia, Google si è sobbarcato gli oneri del passaggio al digitale dei giornali cartacei perchè i cambiamenti tecnologici impongono nuovi modelli di business. In Italia saranno gli attuali editori a guidare questa inevitabile trasformazione?