Categories: Giurisprudenza

IL CASO BRADLEY MANNING: PER L’ACCUSA CONTANO I FATTI, NON LE CONSEGUENZE

Nuove dichiarazioni nelle indagini che non depongono bene per Bradley Manning, il soldato scelto in carcere dal Maggio 2010 con l’accusa di essere una talpa di WikiLeaks.
Le ultime dichiarazioni sul caso arrivano dal giudice militare Denise Lind che respinge la presentazione di prove in difesa del militare che rischia il carcere “fine pena mai”.
L’accusa sta nella trasmissione di documenti americani sulle guerre in Iraq e Afghanistan e 260.000 dispacci del Dipartimento di Stato che il soldato avrebbe fornito al sito WikiLeaks di Julian Assange, tra il novembre 2009 e il maggio 2010.
Le conseguenze del gesto sono irrilevanti ai fini del giudizio, secondo il giudice Lind che si oppone al tentativo della difesa di dimostrare come le azioni di Manning non abbiano recato pregiudizio agli Stati Uniti.
Quello che conta per l’accusa sono i fatti non le sue ripercussioni, di fatto il caso del militare ha destato l’interesse della stampa e del mondo politico per le condizioni inumane di detenzione a cui è stato sottoposto.
Manning è stato tenuto in isolamento da Maggio 2009 fino ad Aprile 2011 quando è stato trasferito a Fort Leavenworth nel Kansas, carcere militare di media sicurezza, dove le sue condizioni di detenzione sono migliorate.
Il trasferimento è stato reso possibile anche grazie ai tanti i movimenti di supporto che sono nati attorno a Manning, tra cui un network di attivisti che non è sfuggito all’attenzione degli organi della Giustizia militare statunitense.
Lo dimostra un documento ufficiale del Ministero della Difesa USA, documento di cui si è venuti a conoscenza lo scorso Maggio grazie alla legge FOIA (Freedom Of Information Act) che permette ad ogni cittadino americano di ricevere informazioni sui documenti governativi.
Ma la stessa legge permette anche alle Amministrazioni di non rivelare i documenti per motivi di sicurezza nazionale, caso in cui ci si è appellati in questa situazione.
Ad ogni modo le sorti di Manning saranno decise durante il processo da una Corte Marziale a partire da settembre 2012, il capo d’imputazione è quello di “collusione con il nemico”; secondo l’art. 104 del codice di giustizia militare Usa, è prevista come pena massima teorica anche la pena di morte per questo reato ma il Procuratore Militare ha fatto già sapere che non la chiederà alla Corte.
Manning è in carcere dal 29 maggio 2009 mentre il suo
braccio destro Julian Assange, è rifugiato da giugno nell’ambasciata dell’Equador a Londra ed è ricercato dalla Svezia per essere interrogato su accuse di aggressione sessuale.
Secondo l’avvocato di Assange, Julian Burnside, il suo assistito teme che in Usa sarebbe detenuto nelle stesse condizioni selvagge della sua presunta spia, Bradley Manning.

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