Il caso Agi è stato portato di forza a Bruxelles ma nonostante l’impegno dei giornalisti, non rientra nelle priorità della Commissione Ue. Il tema è stato posto al centro di una domanda durante il punto stampa tenutosi ieri con il portavoce dell’esecutivo comunitario Christian Wigand. Lo scenario prospettatogli da un cronista è quello per cui l’Italia potrebbe diventare come l’Ungheria dal momento che Antonio Angelucci, oltre a essere deputato della Lega, risulta già titolare ed editore di riferimento di diverse testate. E che pertanto potrebbe accadere a Roma ciò che è già successo a Budapest con Viktor Orban che avrebbe chiesto e ottenuto “dai suoi amici” di comprare i media. Insomma, una lettura dei fatti che non sembra calzare precisamente a pennello con la realtà ma che conferma che il vero problema, in Italia, non è il “padrone” in sé ma “chi” è.
Wigand ha dribblato la domanda con la consumata perizia di un’ala sinistra: “Non ho molto da dire in merito. Dovremo esaminare il caso specifico menzionato”. Tradotto: a Bruxelles, di questo clamoroso problema di libertà non se n’è accorto proprio nessuno. Poi, chiaramente, Wigand ha dovuto proseguire: “Posso solo ricordare in termini generali che, naturalmente, nel contesto del rapporto sullo stato di diritto, che la Commissione pubblica ogni anno, guardiamo agli sviluppi in tutti i nostri Stati membri. E in questo quadro uno dei pilastri riguarda gli sviluppi della libertà dei media”. E ancora: “Ricordiamo anche – ha aggiunto Wigand – il ’Media Freedom Act’ che ora è pressoché definitivo, e che sarà in futuro rilevante per tali situazioni di fusioni. Quando si tratta di fusioni dei media, è parte del campo d’azione del Media Freedom Act guardare a questi problemi. Ma non vorrei commentare un caso specifico in questa fase. Controlleremo e vi daremo aggiornamenti”. Bruxelles vigilerà sul caso Agi. Dice Wigand per non deludere l’auditorio. Ma, forse, è meglio che continui a concentrarsi sugli Over the Top.
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