Dieci partecipanti con diciassette domande. E’ questo il risultato del beauty contest, l’assegnazione gratuita di frequenze che dovrebbe aumentare il pluralismo e la concorrenza, favorendo i nuovi entranti, come ci raccontano, sia pure con toni diversi, il Governo, l’Agcom e la commissione europea. Diceva un poeta spagnolo, Leon Felipe: “Sono nato e mi hanno raccontato delle favole….e ore le conosco tutte, le favole”.
Primo dato di fatto: nessun gruppo europeo e multinazionale ha scelto di partecipare, ad eccezione di quelli già presenti sul nostro mercato. E’ una condanna senza appello di una procedura voluta dalla stessa commissione Ue. In Italia non si investe, in Italia non si entra. Un segnale gravissimo, quanto sottovalutato. L’assetto nazionale è iperconcentrato attorno a pochi gruppi, uno dei quali è in palese conflitto d’interesse con il Governo. Il Bando e il Disciplinare di gara favoriscono chi è consolidato nel settore, come hanno rilevato, nei loro motivi aggiunti al Tar Lazio, Telecom Italia Media e Sky Italia. L’Italia televisiva è fuori dall’Europa. Nè si sono presentati alcuni editori presenti anche nel mercato dei contenuti come L’Espresso-Repubblica e Rcs.
Far pagare anche queste frequenze con un’asta, come propone parte del Pd? Il valore delle frequenze in gioco e l’asta di quelle 4G per le telefoniche lo giustificherebbe ampiamente. Ho qualche dubbio: un assetto così iperconcentrato e squilibrato del sistema tv non rischia di provocare l’uscita dal mercato dei più deboli finanziariamente in caso di rilanci? La via maestra sarebbe un’urgente norma antitrust – è utopia, certo, con questo quadro politico- per ridimensionare le posizioni dominanti nelle risorse e nei diritti di trasmissione, poi un’asta competitiva sulle frequenze.
Un appunto sui dieci partecipanti. Con coraggio, Francesco Di Stefano si candida al lotto A1, le frequenze in VHF disdegnate dagli altri (non so Canale 10 a quali lotti sia candidato). Europa 7 ha già il canale 8 VHF, per il quale certo Di Stefano non festeggia, ma sa come fare una rete in VHF ed è l’unico ad aver rischiato di sperimentare il DVB-T2. Appena ha provato ad acquistare diritti per far vendere i relativi decoder, ha trovato una muraglia d’interessi consolidati a sbarrargli la strada. A proposito di “mercato” chiuso (e di Antitrust inesistenti: su quanto accaduto, tra l’altro, nella vicenda dei diritti delle squadre ex Dahlia, oltre che per la stessa vicenda Dahlia).
Domande sparse:
Prima Tv di Tarak Ben Ammar è uno dei favoriti per i lotti A2 3 A3: esistono rapporti societari incrociati con società del gruppo Mediaset? Fino a qualche anno fa, sì. Sarà un caso che il mux di D-Free ospita solo contenuti di Mediaset e che i canali di SportItalia siano diffusi da TivùItalia, altra partecipante al beauty? Ancora: cosa se ne fa TIMedia di una frequenza del gruppo C, visto che il DVb-H è ormai defunto e il DVB-T2 è utilizzato solo da Europa 7 di Di Stefano? Sky si è presentata per vincere una frequenza o non piuttosto il ricorso al Tar? Che possibilità ha un outsider come D Box della Einstein Multimedia, che punta sulla Sicilia per creare un centro di produzione?
Si può dire “Vinca il migliore”? Come nel calcio, sono l’arbitro e la Lega, l’Authority e i rappresentanti, a non essere al di sopra delle parti. E a favorire i più forti, che sono sempre più forti, con il digitale, anzichè i migliori.
(Marco Mele – Il Sole 24 Ore)
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