La rete dell’uccellino blu protegge i suoi utenti. Alle richieste della Corte di New York riguardo i tweet di Malcolm Harris, un attivista del movimento Occupy Wall Street, il social network ha risposto picche. “I tweet sono di proprietà degli utenti, come è scritto chiaramente nei termini di servizio”, dicono da Twitter. E dato che il sito offre una cronologia limitata, e neanche gli utenti possono accedere al loro archivio di messaggi oltre dieci giorni, la faccenda per il tribunale di NY si complica. I tweet dopo quel periodo di tempo sono infatti inaccessibili a chiunque, attraverso Twitter, che però ne conserva copia, quella che chiede il tribunale. Esistono servizi esterni come Snapbird per cercare più a fondo, ma ovviamente non hanno a che fare direttamente con l’azienda.
Nello specifico caso di Harris, Twitter dice che la richiesta “subpoena” del tribunale costringerebbe l’azienda a violare il quarto emendamento della legge federale, ovvero la necessità per gli inquirenti di presentare un mandato di perquisizione per questo tipo di informazioni. Un altro problema è che la richiesta governativa sarebbe in contrasto con l’Us information act, che obbliga ogni inchiesta a passare prima per la richiesta di documenti specifici rilasciati dalla Corte, prima che dati sensibili possano essere richiesti a un’azienda con sede in California.
Secondo gli inquirenti, nei tweet di Harris ci sarebbero le prove per dimostrare la fallacità della difesa dell’attivista. Ma la politica di Twitter verso i suoi utenti è da sempre protezionista. Il ceo dell’azienda, Dick Costolo, ha pubblicamente dichiarato che Twitter presta grande attenzione alle richieste delle forze dell’ordine ma si premura di avvisare subito gli utenti 2 se riceve richieste di informazioni o tweet. Richieste che il governo vorrebbe rimanessero segrete, complicate da gestire per il sito. Già nel gennaio 2011, Twitter applicò una politica di protezione per gli utenti coinvolti nella questione Wikileaks, di cui il governo Usa voleva gli indirizzi IP.
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