Editoria e Comunicazioni:
una partita ancora da chiarire nella
ripartizione delle competenze
interne alla compagine di governo.
Più facile delineare i problemi
e le scadenze che attendono
l’esecutivo da qui a fine legislatura,
che capire, oggi, chi dovrà tentare
di risolverli e attuarle.
Un punto fermo c’è: Carlo Malinconico
sarà il sottosegretario
con delega all’editoria dopo aver
dato, ieri, le sue dimissioni da presidente
della Fieg, la federazione
degli editori, con effetto immediato.
Due sono i problemi di fondo
che Malinconico, che ben li conosce,
dovrà affrontare. Il primo
è quello dei fondi per l’editoria, ridotti
a 118 milioni dalla legge di
stabilità 2012. Risorse da aumentare
per riconvertirle. Secondo la
Fieg le risorse per i contributi diretti
devono, gradualmente, essere
destinate a quelli indiretti, a sostegno
dell’innovazione e dell’occupazione. Per premiare la progettualità
piuttosto che, in alcuni
casi, arrivare a distorcere la concorrenza
con gli aiuti diretti o, comunque,
a premiare l’inefficienza. I giornali dipartito, secondo la
Fieg, dovrebbero essere finanziati
insieme ai partiti, non all’editoria.
Si tratta, per Malinconico, di
evitare la chiusura di testate, come
quelle edite da cooperative e
quelle no profit, scongiurando
una riduzione pari al 70% delle risorse.
Un altro problema, al centro
di uno dei tavoli dell’editoria
a Palazzo Chigi, è quello della tutela
del prodotto editoriale e del
diritto d’autore. Si tratta poi di sbloccare 30 milioni per il credito
per la carta, autorizzato dalla
commissione Ue: ci vogliono i decreti
attuativi per il trasferimento
dei fondi dell’Economia al Dipartimento
dell’Editoria.
Tra gli
obiettivi di questo finale di legislatura
(una riforma organica di
settore appare impensabile) vi so-
no anche l’informatizzazione delle
edicole e il controllo sull’effettiva
destinazione alla stampa del
60% della pubblicità istituzionale,
ricordandosi che dal primo dicembre
2013 non vi sarà più l’obbligo
di pubblicare la pubblicità
legale sulla carta stampata.
Le competenze di Paolo Bonaiuti
passano in parte a Malinconico e in parte a Paolo Peluffo,
che si occuperà di comunicazione
e informazione: si può dedurre
che saranno di sua competenza
almeno le campagne istituzionali
del governo Monti ma non,
forse, la comunicazione politica
dello stesso.
Le Comunicazioni vere e proprie,
il Dipartimento del Ministero
dello Sviluppo, non hanno ancora
una delega formalizzata così
come l’Agenda digitale. Se ne
potrebbe occupare direttamente
il ministro Corrado Passera. O la
delega potrebbe andare a Massimo
Vari, magistrato della Corte
dei Conti ed ex presidente della
Corte Costituzionale, che pure
non si è mai occupato del settore.
Chi avrà la delega si ritroverà
diverse eredità scottanti. Due sul
fronte delle frequenze televisive.
La commissione di tre membri
sta lavorando per assegnare i punteggi
in base ai quali assegnare
sei frequenze (non equivalenti)
ad altrettanti operatori con il beauty
contest. I nuovi entranti
scarseggiano (D-Box è stata
esclusa come Tivùltalia e non c’è
nessun gruppo europeo che già
non operasse in Italia). Ci sono,
invece, tre ricorsi “pesanti” presentati
al Tar da Rai, Sky e Telecom Italia
Media. Tali frequenze,
sul mercato, valgono sui tre miliardi,
visto l’esito della gara sulla
banda 800 Mhz per la banda larga
mobile. Queste ultime frequenze
vanno “liberate” dalle tv
locali che se le sono viste regolarmente
assegnare e non hanno alcuna
intenzione di accettare i 240
milioni “per tutti” rimasti dopo la
legge di stabilità 2012.
Marco Mele (Il Sole 24 Ore)