Si conclude il 19 novembre p.v. la consultazione pubblica dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni sullo “Schema di provvedimento recante il Nuovo piano di numerazione automatica dei canali della televisione digitale terrestre”.
Si spera che il provvedimento in gestazione presso Agcom metta la parola fine ad una vicenda che, anziché rappresentare un valore aggiunto della nuova tecnologia del digitale terrestre, è diventata motivo di una battaglia nell’etere tra gruppi televisivi nazionali e locali, terrestri e satellitari.
Tutto è iniziato con una tardiva e frettolosa regolamentazione del sistema sia da parte dell’Autorità (all’epoca presieduta da un esimio giudice amministrativo) che del Ministero dello Sviluppo Economico, basata in buona parte sulle graduatorie dei Corecom, nonché su una improbabile indagine sulle preferenze degli utenti, ante DTT.
Nel frattempo la situazione è molto cambiata, sia per quanto riguarda le preferenze dei telespettatori, sia per quanto riguarda le numerazioni assegnate. Mentre alcune emittenti assegnatarie non hanno ancora iniziato le trasmissioni (Cielo 2), altre hanno occupato le numerazioni rimaste libere ed alcune addirittura risultano sovrapposte, a conferma dell’autentico far west digitale, cui nessuno ancora è riuscito a porre rimedio.
La vicenda è stata oggetto anche di interrogazioni in Parlamento, quale quella del Senatore Elio Lannutti che ha chiesto al Ministro dello Sviluppo Economico “quali iniziative il Governo intenda assumere al fine di vigilare sulla prossima consultazione pubblica indetta relativamente all’adozione del nuovo regolamento, affinché venga considerato un sistema per stilare le graduatorie e assegnare nuovi numeri che possa garantire il pluralismo del mercato televisivo nazionale in chiaro, nell’ambito di un contesto di forte concentrazione e con possibili scenari di ulteriore restrizione della concorrenza”.
In effetti, non tutti criteri previsti nello Schema proposto dall’Agcom sono del tutto condivisibili. Innanzitutto, è auspicabile che dal primo arco di numerazione siano assolutamente esclusi tutti i canali che offrono programmi di scarsa qualità e pericolosi per il pubblico più influenzabile come anziani ed adolescenti. Vanno pertanto relegati nelle ultime posizioni del telecomando, non solo i canali di televendite, ma anche quelli che diffondono a tutte le ore del giorno – nonostante i divieti posti da Autorità e MISE – programmi di previsioni di numeri lotto, cartomanzia e pubblicizzazione di numeri a valore aggiunto (i famigerati 899). Così come è da evitare di sistemare nei primi archi di numerazione – ed ovviamente vietarne le trasmissioni in orari di fascia protetta – i canali dedicati al gioco d’azzardo (roulette, poker, ecc.)
Per quanto concerne i canali 7, 8 e 9, dovrebbe essere fuori discussione l’attribuzione del n. 7 del all’emittente generalista storica “La7”, una voce – come ricorda il Sen. Lannutti nell’interrogazione – da sempre ritenuta affidabile ed obiettiva all’interno del complesso panorama della comunicazione e dell’informazione nel Paese. Anche il canale n. 8, storicamente occupato dalla seconda emittente del gruppo TI Media non può che essere confermato per l’emittente “MTV”, la quale contrariamente a quanto affermato nella sentenza del Consiglio di Stato che ha dato origine alla consultazione, è una televisione anch’essa da tempo generalista, in quanto nel suo palinsesto sono presenti programmi informativi e/o di notizie di ottima qualità, sitcom e trasmissioni di intrattenimento. Tale emittente non è da confondere, pertanto, con il canale musicale “MTV Music” giustamente collocato al n. 67 del LCN.
Al riguardo, appare quanto meno singolare l’osservazione dei supremi giudici amministrativi che, per avvalorare la tesi che l’emittente MTV sia una televisione indirizzata ad un particolare e limitato tipo di pubblico giovanile, ha sottolineato il fatto che alcuni programmi sono sottotitolati. La stessa Autorità, infatti, dovrebbe essere perfettamente a conoscenza delle numerose proteste indirizzate alle televisioni generaliste, proprio per la mancata sottotitolazione dei programmi, da parte non solo dei numerosi enti che si occupano di tutela delle persone con disabilità uditiva, ma anche delle numerose comunità di stranieri che desiderano, con tale sistema, migliorare la conoscenza della lingua italiana.
Come giustamente osserva il Sen. Lannutti nella citata interrogazione, inoltre, l’eventuale decisione dell’Autorità di assegnare ad altra emittente il canale n. 8, rischierebbe di penalizzare pesantemente, anche abbassandone il prezzo ai fini della sua ventilata messa in vendita, il gruppo TI Media e di ledere in qualche forma la pluralità dell’informazione nonché di ridurre lo spazio informativo a disposizione degli utenti.
Ma ciò che appare maggiormente risibile è la pretesa, recentemente avanzata sugli organi di stampa dalla società monopolista satellitare Sky, mirata ad ottenere per il proprio canale “Cielo” la posizione 8 o 9 del LCN, dopo aver visto rifiutarsi dai supremi giudici amministrativi la richiesta per i canali 10 ed 11. A questo punto, il terzo gruppo televisivo nazionale TIMedia sarebbe autorizzato a chiedere la parità di trattamento con gli altri due maggiori operatori e pretendere anch’esso tre canali tra i primi 10 (La7, Mtv e La7d).
Uno dei principali motivi per i quali il vecchio LCN è stato bocciato dal Consiglio di Stato, infine, è quello relativo all’inaffidabilità delle graduatorie dei Corecom che non sono applicabili nei confronti delle emittenti locali che non usufruiscono, per propria scelta, dei contributi pubblici.
Ma anche il riferimento, proposto da Agcom, agli ascolti rilevati dal sistema Auditel è quanto meno singolare, tenuto conto delle riserve – condivise da studiosi, associazioni di consumatori, di genitori e di telespettatori – espresse dalla stessa Autorità, in occasione di una segnalazione inviata al Governo ad inizio 2012, nella quale giustamente si osserva che la società di rilevazione non è rappresentativa dell’intero settore di riferimento e non tiene conto dello sviluppo tecnologico che ha trasformato pc, tablet e smartphone in apparecchiature atte a ricevere programmi televisivi.
Se per assurdo, poi, le emittenti che hanno più ascolti si sistemano oggi più in alto nella classifica del telecomando, quando gli ascolti varieranno per effetto di maggiori investimenti o scelte di qualità, cosa succederà? Come giustamente ha osservato Egidio Negri su questa testata telematica, l’emittente maggiormente seguita tra un anno “avrà diritto ad una scalata, magari ai danni di una tv che si è mollemente adagiata su un numero concesso e, forse, mai meritato? Oppure i numeri, una volta assegnati, saranno “cristallizzati” per sempre?”.
In definitiva, quindi, i criteri per la classificazione delle emittenti locali non potranno prescindere dai principi del pluralismo dell’informazione, del maggior numero di programmi autoprodotti e soprattutto della qualità delle trasmissioni. Se proprio si volesse adottare un criterio “storico”, si potrebbero escludere dalle prime posizioni le emittenti che sono incorse in violazioni sanzionate dall’Autorità.