I primi passi del decreto “sblocca debiti”

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Con l’entrata in vigore, lo scorso 9 aprile, del decreto legge numero 35, è stato compiuto un significativo passo avanti nel contrastare il fenomeno, ormai consolidato nella realtà italiana, del ritardo dei pagamenti della Pubblica Amministrazione. Il provvedimento, cosiddetto “sblocca debiti”, ha infatti stabilito le fasi della procedura attraverso le quali Comuni, Regioni e Province provvederanno al saldo di un’ ingente quantità di debiti commerciali (poco meno di 40 miliardi di euro, di cui 5 previsti per il solo 2013), che gli stessi hanno accumulato verso le imprese fornitrici nel corso degli anni.
Nello specifico, il provvedimento normativo si compone di 13 articoli, di cui i primi 9 destinati a regolamentare le modalità con le quali provvedere alla progressiva liquidazione dei debiti esigibili alla data del 31 dicembre 2012. Tali modalità, tuttavia, risultano essere vincolate ad un’articolata serie di adempimenti da parte della PA, con tempistiche da rispettare nel breve periodo.
Il primo passaggio, richiesto coercitivamente a tutti gli enti territoriali entro il 29 aprile scorso, è stato quello della registrazione degli stessi alla Piattaforma elettronica di certificazione dei crediti, predisposta dal Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato. La mancata registrazione nei termini di legge ha avuto, quale diretta conseguenza, l’applicazione di una sanzione pecuniaria pari a 100 euro per ogni giorno di ritardo accumulato, a carico dei dirigenti responsabili.
Il 30 aprile, invece, ha rappresentato il secondo termine utile per un’altra serie di adempimenti. Entro tale data, infatti, è stata fissata la comunicazione – mediante il sistema web della Ragioneria generale dello stato – da parte di soli Comuni e Province, degli “spazi finanziari” di cui tali enti necessitano per sostenere il pagamento di quei debiti che alla data del 31 dicembre 2012 risultino certi, vale a dire verificati da apposita fattura.
Per gli enti locali (comprese le Regioni e le Provincie autonome) che, entro la stessa data, avessero accertato l’impossibilità di far fronte ai pagamenti dei debiti per carenza di liquidità, è stata prevista, poi, la facoltà di chiedere alla Cassa depositi e prestiti (Cdp) l’anticipazione dei fondi da destinare ai pagamenti.
Tuttavia, ad oggi, il plafond di 5 miliardi di euro messo a disposizione degli enti locali per il 2013 risulta insufficiente a coprire le richieste di anticipazioni di liquidità pervenute alla Cdp, nonché gli spazi finanziari richiesti alla Ragioneria generale dello Stato, e questo, di certo, a conferma del forte interesse delle amministrazioni pubbliche ad estinguere i debiti verso le imprese private.
A fronte dei 2 miliardi di euro stanziati per il 2013, alla Cassa depositi e debiti sono giunte, infatti, domande per circa 6 miliardi. Il superamento del plafond risulta invece minore (pari a 200 milioni di euro), relativamente all’altra fonte di finanziamento.
Pertanto, il rischio, se non si procederà ad una rivisitazione del decreto, potrebbe riscontrarsi nella mancata estinzione di un discreto ammontare di debiti verso le imprese fornitrici, con una conseguente parziale efficacia del provvedimento posto in essere dal Governo Monti.

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