I piccoli editori: “Estendere ai libri il credito d’imposta”

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I piccoli editori italiani sono alle corde per colpa del caro prezzi innescatosi subito dopo la pandemia e complicata dalla crisi energetica. La carta ha subito un aumento del 180% in pochissimi mesi mentre la spirale delle bollette rischia di travolgere definitivamente il settore della piccola e media editoria italiana. Le preoccupazioni degli operatori sono state raccolte in un’intervista che l’Adn Kronos ha fatto a Diego Guida che, oltre a essere ad di Guida Editori, è presidente dei piccoli editori e vicepresidente dell’Associazione italiana degli editori.

Guida ha spiegato: “La crisi energetica e il caro prezzi delle materie prime rischia di mettere in ginocchio i piccoli editori italiani. A subire questa pesante situazione sono soprattutto le piccole imprese, ancor più che i grandi editori, anche perché non si tratta soltanto dei rincari energetici, ma anche della carta, degli imballaggi, delle spese di spedizione e di tante altre cose che fanno parte dello stesso tema”. Quindi ha aggiunto: “E’ capitato di aver vinto delle gare pubbliche, che sono a prezzi fissati, e ci siamo ritrovati costretti a chiedere una rinegoziazione del contratto. Il che non è solo una cosa imbarazzante, ma spesso non è proprio possibile”.

Certo, vengono in soccorso i mezzi digitali. Ma non sempre è così. “Le copie vengono stampate in un numero inferiore a quanto avveniva in passato, ma capita di dover ristampare un titolo che sta avendo particolare successo. E se il costo della produzione è aumentato rispetto a quando è stato fissato il prezzo di copertina, in teoria dovremmo alzare il prezzo al pubblico; una cosa assolutamente non etica nei confronti dei lettori che non possono essere puniti per voler acquistare un titolo di successo qualche mese dopo la sua uscita”. Ciò dimostra come “Siamo di fronte a una situazione di grande difficoltà nei confronti del mercato. Nella manovra finanziaria sono previsti tra i 90 e i 110 milioni di euro per un credito d’imposta rivolto ai distributori di quotidiani e periodici; perché non inserire anche i produttori di libri? In fondo siamo cugini professionalmente, non vedo perché privilegiare gli uni e non gli altri. È come se ci fossero editori di serie A ed editori di serie B”.

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