Dalle chat Telegram dei no-vax è uscito fuori che i giornalisti andavano “fatti fuori”. Alcuni degli appartenenti al canale dei sedicenti “Guerrieri” avrebbero voluto far saltare i furgoni delle televisioni, aggredire i cronisti insieme ai politici nei luoghi delle istituzioni. Leggerlo tra le carte di un’inchiesta è impressionante ma la realtà è che non pare ci sia nulla di nuovo sotto al sole. Dal momento che l’odio nei confronti dell’informazione è la linfa su cui hanno cementato il loro successo politico alcune forze (oggi) al governo. E che adesso si trovano tra le prime a essere travolte da quanto hanno evocato.
Che i no-vax non abbiano granché simpatia per i giornali è fatto noto. Che le minacce a mezzo social siano ormai un fatto quotidiano (e intollerabile), pure. Ma che la bile digitale tradotta in byte e sgrammaticature sia stata a un passo dal realizzarsi in aggressioni è cosa che lascia allibiti. È sconcertante quanto è emerso nell’inchiesta sui no vax che si sarebbero organizzati per compiere atti violenti alla prossima manifestazione indetta a Roma. Gente che straparla di dittatura ma che può scendere liberamente a protestare in piazza dovrebbe capire da sé che certi ragionamenti sono completamente campati per aria. Comunque, secondo quanto riporta Agi, otto sedicenti “guerrieri” avrebbero voluto armarsi per attaccare politici, rappresentanti delle istituzioni e giornalisti.
Bisogna ricordare che solo qualche settimana fa, a Milano, i manifestanti hanno tentato un blitz davanti alla sede de Il Giornale e hanno sfondato, letteralmente, un gazebo del Movimento 5 Stelle. Proprio il M5s, tra le altre forze politiche, insieme ai giornalisti è nel mirino dei no-vax. Hanno costruito la loro narrazione sulla rabbia e sulla dicotomia tra “cittadini” (autoreferenziali) e “potere” (sempre occulto e maligno). Hanno incasellato i giornali individuandoli come il nemico da abbattere e la loro azione politica, durante il primo governo Conte è stata inequivocabile su questo. Ora si ritrovano a essere travolti dalla marea che loro stessi, apprendisti stregoni, hanno evocato.
Non è mai troppo tardi, dice il detto. E ha ragione. L’importante è ravvedersi. E rendersi conto che a parlare troppo forte, a tentare di scardinare l’architettura di una democrazia – della quale i giornali e l’informazione è parte integrante decisiva – ci si fa male tutti. E che prima o poi certi atteggiamenti ci si ritorcono contro. La storia delle rivoluzioni ne è piena, l’insegnamento di quel socialista famoso, dei puri epurati dai più puri,lo è altrettanto. L’emergenza democratica, però, evidentemente c’è ancora. E ognuno deve fare la propria parte. Specialmente nelle istituzioni.
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