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I giornalisti Rai proclamano lo stato di agitazione, ecco perché

I giornalisti Rai proclamano l’agitazione “per la situazione di stallo in cui versa l’azienda”. Si è riunita, mercoledì, l’assemblea dei comitati di redazione e fiduciari Rai convocato da Usigrai. A stragrande maggioranza (71 sì, otto contrari e un solo astenuto) è stato approvato un documento durissimo contro il governo e l’attuale gestione dell’azienda di viale Mazzini: “Mentre da un lato si registra la fuga di alcuni dei volti noti della Rai verso altri competitor con inevitabili ripercussioni anche sugli ascolti e sui bilanci aziendali – dall’altro non si difende l’autonomia del Servizio Pubblico dalla politica. L’assemblea dei Cdr concorda con l’Usigrai: il Servizio Pubblico non può essere il megafono dei partiti. Una presa di posizione del sindacato che ha avuto eco anche al di fuori dei confini nazionali: è infatti indispensabile una missione internazionale sulla libertà di stampa nel nostro paese”. Un riferimento che non è nemmeno troppo velato alla polemica legata al nuovo regolamento varato dalla Commissione vigilanza che “esonera” gli esponenti del governo dal conteggio dei minuti in ottica par condicio verso le Europee. Una modifica che è stata motivata con la necessità di mantenere aperti i canali della comunicazione istituzionale degli esponenti di governo.

Ma le questioni non sono finite qui. “L’informazione risulta la grande assente nel Piano Industriale. Non esistono linee guida sull’impatto che la trasformazione in digital media company avrà sul settore giornalistico. Nei gruppi di lavoro “Ottimizzazione offerta editoriale” e “Evoluzione competenze ed interventi organizzativi” non ci sono giornalisti e per ora gli unici interventi, calati dall’alto senza alcun confronto con il sindacato, sono quelli che prevedono lo smembramento della Radio, con GR Parlamento e la redazione sportiva che verrebbero assegnati rispettivamente a Rai Parlamento e Rai Sport, svuotando di fatto Radio1 dalla sua vocazione all news basata su informazione e sport, senza alcuna ragionevole motivazione organizzativa o industriale, senza alcun vantaggio per la testata o per l’azienda”. Accuse pesanti. A cui, però, fanno seguito delle altre, non meno gravi: “C’è un quadro di mancato rispetto degli accordi sindacali sugli organici della testata giornalistica regionale e di mancato turn over nelle testate nazionali, che di fatto producono una riduzione del perimetro occupazionale. Sono oltre cento le uscite non sostituite negli ultimi anni, con conseguenti maggiori carichi di lavoro a fronte di un aumento dei prodotti informativi. E tutto questo con continui tagli al budget per le troupe e la mancanza di risorse per procedere alla stabilizzazione dei colleghi precari che lavorano nei programmi, come la Rai si è impegnata a fare con la cosiddetta fase due”.

Cdr e fiduciari deplorano inoltre il “fatto che la Rai abbia più volte ribadito di non voler procedere ad una selezione pubblica – l’unica che permette un accesso trasparente in azienda- impedisce alle colleghe e ai colleghi della Tgr di potersi trasferire per ricongiungersi con i familiari o per legittime ambizioni professionali”. E proseguono: “Al contempo i trasferimenti delle colleghe e dei colleghi dai generi ai nazionali, in assenza di graduatorie concorsuali, agevolano le cosiddette “prime utilizzazioni” a chiamata diretta nei programmi, mentre il codice etico Rai impone “il ricorso a procedure concorsuali o comunque a criteri oggettivi di selezione” e di fatto creano nuovo precariato. Non solo. Da anni l’azienda non sostituisce le colleghe in maternità, ottenendo indirettamente un vantaggio economico e aumentando, anche in questo caso, il carico di lavoro delle redazioni”.

In coda, per i giornalisti Rai in agitazione, c’è spazio per ulteriori accuse e rimostranze: “Da ultimo, in questo quadro preoccupante, si inserisce la disdetta dell’accordo sul premio di risultato, con la motivazione di volerlo allineare a quello delle altre categorie professionali”. L’Assemblea, dunque, afferma di trovare “inaccettabile quanto prospettato dall’azienda al sindacato, di non voler prevedere, cioè, una parte fissa come per gli altri dipendenti e di voler legare l’erogazione ai risultati di ascolto generali della Rai e non più a quelli delle maggiori edizioni dei telegiornali, come da precedente accordo. Di fatto facendo pagare con un taglio alle retribuzioni dei giornalisti gli sprechi e le eventuali scelte editoriali sbagliate dei vertici, che non sono chiamati invece a risponderne”. La decisione è presa: “Per tutte queste motivazioni l’Assemblea dei Cdr e dei fiduciari della Rai proclama lo stato di agitazione che segna l’avvio di una mobilitazione, e affida all’Usigrai un pacchetto fino a 5 giorni di sciopero”.

Luca Esposito

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