I giornalisti precari della Rai sono pronti alla mobilitazione. Lunedì si è tenuta l’assemblea dei cronisti a cui hanno partecipato di persona o via web, secondo gli organizzatori, ben 130 persone. Stufe di attendere che il tavolo a loro dedicato finalmente si sblocchi. Si tratta di professionisti che, in una nota, si sono definiti coloro che “lavorano nelle reti Rai senza contratto giornalistico, si tratta di oltre il 50 per cento dei giornalisti non contrattualizzati come tali, ‘false’ partite IVA e interni con contratto da programmisti multimediali” e che “ogni giorno contribuiscono in modo imprescindibile a realizzare i programmi di informazione del Servizio Pubblico: tutti, nessuno escluso, eccettuati i Tg”.
All’esito dell’assemblea, i giornalisti precari Rai hanno licenziato un documento durissimo. Che promette scintille e lotta dura se non cambierà più di qualcosa nel loro rapporto con viale Mazzini. I cronisti hanno espresso “profonda preoccupazione” perché “il tavolo aperto lo scorso marzo sulla nostra situazione contrattuale, che si protrae ormai da anni, si è arenato dopo continui rinvii”. Di fronte a questo stato di cose, i giornalisti precari Rai hanno chiesto una riconvocazione del tavolo “al più presto per avviare una rapida definizione positiva della nostra vertenza”.
Le ragioni sono semplici e descritte con parole durissime che non ammettono repliche: “Rivendichiamo il nostro diritto ad avere il contratto nazionale giornalistico applicato ai giornalisti Rai”. Per i cronisti risulta a dir poco “inaccettabile” il fatto “che la Rai, azienda pubblica, non riconosca ai lavoratori il contratto previsto dalla legge, e si renda colpevole dell’applicazione di contratti illegittimi e irregolari”. Un ossimoro, in un certo senso. Una realtà evidentemente intollerabile per chi lavora a queste condizioni.
L’assemblea, inoltre, si è “infine dichiarata pronta ad aprire, assieme alle proprie legittime rappresentanze sindacali, una fase di mobilitazione che contempli ogni iniziativa utile a conseguire il riconoscimento dei propri diritti”. Insomma, pronti allo sciopero.