Il comitato di redazione del Corriere della Sera ha infatti deciso di pubblicare a puntate, nello spazio dei comunicati sindacali, un’inchiesta sui guai del datore di lavoro, la società quotata in Borsa Rcs Mediagroup. GIORNI fa il primo assaggio, che passava in rivista stipendi e super premi dei manager del gruppo di ieri e di oggi, era sembrato restare nei binari di una aspra polemica sindacale. Ma ieri la prima puntata di una accurata ricostruzione dell’affare Recoletos ha chiarito a tutti che siamo di fronte a un salto di qualità delle relazioni sindacali. E soprattutto siamo di fronte a un nemesi. Gli azionisti della Rcs sono aggrappati alle loro quote azio- PRIMA PUNTATA Come protesta pubblicano notizie sulla disastrosa operazione spagnola che nel 2007 ha devastato i conti del gruppo narie soprattutto perché danno, o illudono di avere, influenza e potere di censura sui contenuti del Corriere. Da ieri sanno che è tutto inutile. In caso di conflitto i giornalisti sono pronti a raccontare le notizie sgradite negli spazi riservati al loro sindacato. La vicenda, raccontata dal Fatto domenica 17 febbraio scorso, ha visto la Rcs acquistare nel 2007 una società spagnola editrice di quotidiani che si è rivelata un pessimo affare, soprattutto perché ha indebitato il gruppo milanese per quasi un miliardo di euro senza portare significativi benefici industriali o finanziari. Fatto sta che l’amministratore delegato Pietro Scott Jovane ha constatato che gli azionisti, pur con blasoni illustri come Mediobanca, Fiat, Pirelli e via elencando, non hanno nessuna voglia di metter mano al portafoglio per tappare il buco che loro stessi hanno fatto. E quindi, dopo aver detto che chiederà ai soci “il minimo indispensabile” come aumento di capitale, ha imposto “il massimo sforzo” ai dipendenti, varando un piano di ristrutturazione con 800 posti di lavoro tagliati su 5 mila. NON È ANCORA confermata la voce secondo cui salterebbero 100 giornalisti del Corriere su poco più di 300, ma la guerra è già esplosa. I giornalisti del Corriere fanno notare che il quotidiano, nonostante la crisi e una sensibile perdita di copie, produce ancora utili. Ma la cura da cavallo pensata dagli azionisti punta a moltiplicare la redditività per tappare i buchi del passato. La linea dura è portata avanti da Mediobanca, primo azionista nonché ideatrice e advisor dell’operazione Recoletos, desiderosa di smacchiare con un bagno di sangue dei dipendenti le sue responsabilità passate. Primo alleato di Mediobanca è il presidente della Fiat, John Elkann, secondo azionista Rcs. Dicono le malelingue che la guerra di via Solferino sia da lui considerata un’occasione d’oro per fare fuori il direttore Ferruccio de Bortoli, con cui i rapporti sono tesissimi fin dal ritorno di quest’ultimo in via Solferino, nella primavera del 2009. Elkann non ha mai perdonato a de Bortoli prima alcuni articoli sulla imbarazzante guerra per l’eredità Agnelli che ha visto protagonista sua madre Margherita, poi critiche troppo dirette alla gestione della Fiat di Sergio Marchionne. Ma soprattutto il fatto che de Bortoli non abbia evitato che i pressanti interventi dell’azionista diventassero di dominio pubblico. DOMANI si riunisce nuovamente il consiglio d’amministrazione della Rcs, che dovrebbe chiarire le dimensioni dell’aumento di capitale che sarà chiesto ai soci. Trattandosi di un consiglio affollato di amici, clienti e debitori di Mediobanca, l’esito è scontato: aumento di capitale non oltre i 400 milioni, e il resto della voragine Recoletos dovrà coprirlo Jovane licenziando a man bassa.