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I DATI SENSIBLI RUBATI ALLA PLAYSTATION NETWORK GIÀ SUL MERCATO NERO. LA SONY SMENTISCE MA ARRVANO LE PRIME DENUNCE

Una volta si rubavano i borsellini. Non che la cosa non succeda ancora oggi, ma certo il ‘furto’, grazie alla tecnologia e ad Internet, ha raggiunto scenari molto più ‘alti’. Lo dimostra il caso del Playstation Network accaduto lo scorso 20 aprile, quando la Sony ha dovuto ‘spegnere’ la propria rete – quella che collega decine di milioni di utenti in cinquantasette paesi del mondo ai propri server, per giocare online, vedere film, ascoltare musica, scaricare intrattenimento e informazione – perché ha scoperto l’intrusione di un centro dati di San Diego, in California. Ancora oggi non è chiaro cosa sia realmente finito nelle mani degli hacker ma la possibilità che nomi, indirizzi, e-mail, date di nascita, id e password, indirizzi di fatturazione e numeri di carte di credito siano già stati venduti sul mercato nero è molto elevata. I prezzi al mercato nero variano a seconda della completezza e dell’utilità dell’informazione. Naturalmente i dati che costano di più sono quelli delle carte di credito, che possono essere usati per tempi brevi, prima che vengano disabilitate, ma garantiscono guadagni maggiori e immediati. Per questi dati si arriva a pagare anche 70 dollari mentre un indirizzo e-mail costa pochi centesimi.
Come si legge in un’inchiesta pubblicata su Repubblica.it, secondo Kevin Stevens di TrendMicro, una società specializzata nella difesa della privacy online, gli hacker hanno offerto alla Sony di ricomprare il blocco dei dati rubati ma l’azienda giapponese ha rifiutato l’accordo. Sony si giustifica dicendo che «l’intero database con i dati delle carte di credito era criptato e non esiste nessuna prova che gli hacker abbiano preso questi numeri». Ma a smentire la Sony ci sarebbe il dato certo che i pirati informatici sono riusciti ad avere accesso alla banca dati principale del sistema e anche la denuncia fatta da un utente australiano che ha trovato 2000 dollari di accrediti sulla sua carta di credito.

Fabiana Cammarano

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