Quando e se l’accordo con le Major dell’intrattenimento diverrà ufficiale, in sei semplici passaggi, gli Internet Service Provider statunitensi avranno l’autorità di rispondere alla violazione del diritto d’autore online degli utenti “sorpresi” nello scambio in rete di file protetti da diritto d’autore. Vediamo di capire come. Una prima segnalazione tramite e-mail verrà indirizzata all’abbonato sospettato di infringment con in allegato alcuni link volti ad informare sui rischi connessi alla pirateria digitale e con la spiegazione di come procurarsi lo stesso materiale per vie più trasparenti. Si passerebbe poi ad un secondo avvertimento in caso di inosservanza della prima segnalazione che, se inascoltata, farebbe scattare, senza indugi, la terza fase dell’interazione vera e propria con l’abbonato, mediante una finestra pop up che lo induca a rispondere o, ancora, tramite una finestra di reindirizzamento alla prima connessione giornaliera. Tutte forme di intervento che agevolino il provider di rete ad accertarsi che l’intestatario del servizio sia consapevole del problema. Infine, dopo ulteriori sollecitazioni, si renderebbero operative la quinta e sesta fase con l’applicazione delle cd “mitigation measures”, a discrezione degli ISP. Si tratta di provvedimenti atti a rallentare la navigazione dell’utente registrato con limitazioni di banda o il reindirizzamento ad una pagina che lo inviti a contattare il provider per ripristinare il servizio. Nel caso l’avvertimento non fosse stato colto, potrebbero essere attivate misure più drastiche come la disattivazione del numero dell’abbonato. Anche negli Usa, come in Italia da ultimo con la delibera Agcom n.398/2011, gli ISP divengono attori cruciali nella lotta alla pirateria digitale. Lì con un accordo strategico e la libertà di applicare o meno le misure di contrasto e condividendone i costi con le stesse Major coinvolte. Qui con una prassi amministrativa attivata da un’Autorità Garante che obbligherebbe l’intervento dei provider qualora l’intestatario sia irreperibile ed infine delegandone le spese. Forme di intervento che, in entrambi i casi, sembrano comunque sottovalutare gli effetti del sacrificio della privacy degli utenti in nome della tutela della proprietà intellettuale delle grandi industrie.
Manuela Avino
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