Editoria

I cattolici scendono in campo contro il taglio ai finanziamenti per i giornali

I cattolici scendono in campo contro il taglio ai finanziamenti per i giornali. Il governo gialloverde, intenzionato a drenare risorse finalizzate a garantire migliaia di posti di lavoro per recuperare soldi, ora si trova a subire anche il j’accuse della stampa di estrazione cattolica.

In una lettera indirizzata al direttore di Avvenire, Marco Tarquini, arriva la presa di posizione di Francesco Zanotti, già presidente della Federazione Italiana dei Settimanali Cattolici.

“Abbiamo impiegato lungo tempo, e la Fisc, la Federazione dei settimanali cattolici italiani, con le altre associazioni di categoria è sempre stata in prima fila nell’elaborazione della nuova normativa, per arrivare a una legge che non fosse più un sostegno indistinto a chi editava un qualsiasi giornale, ma si trasformasse in un aiuto a chi contribuisce realmente al pluralismo. Anche il nome della norma è mutato: “Istituzione del Fondo per il pluralismo e l’innovazione dell’informazione…”, con un cambio totale rispetto al passato. Un salto di qualità anche per noi dei settimanali diocesani. Per noi e per tutti, con resistenze poi vinte alla luce della ragionevolezza e dei mutati tempi di ristrettezze. Non più soldi a pioggia, ma a chi effettivamente vende, è diffuso, contribuisce al dibattito nazionale, dà lavoro pulito e vero a giornalisti e poligrafici e dà voce ai territori”.

Non  è bastato, evidentemente. E perciò la delusione di Zanotti è concreta: “Ci abbiamo creduto e ci abbiamo lavorato. A lungo. Quando lo racconto ad amici e conoscenti, tanti non riescono a credere che per scrivere un legge, pur modesta, occorrano anni di lavoro. Tempo prezioso, investito per arrivare a un obiettivo che tutti avevamo chiaro: dare una mano a editori non profit, trattati tutti alla stessa maniera, senza più “riserve indiane”, intervenendo in percentuale (ridotta di molto rispetto al passato) sulle effettive vendite e non più sui costi. Un cambio radicale di paradigma, per giungere al quale abbiamo dovuto smussare angoli e demolire riluttanze. Ma alla fine ci siamo riusciti. Con fatica, tanta fatica, ma ci siamo riusciti, anche con soddisfazione. Ne parlammo, felici per il percorso realizzato, anche al presidente della Repubblica Sergio Mattarella, quando ci ricevette al Quirinale, due anni fa, in occasione dei nostri 50 anni di Federazione”.

Le conseguenze delle scelte istituzionali rischiano di travolgere anche il già disastrato dibattito pubblico nazionale: “Tutto questo lavoro, realizzato per giungere a una normativa adeguata alle mutate esigenze e anche al sentire di questi nuovi tempi che richiedono non solo più la sola presenza in edicola, ma anche sulle piattaforme digitali, pare che debba andare già in soffitta. Mi si stringe il cuore al solo pensiero. Non lo dico per me, per il mio posto di lavoro. Lo dico per l’ulteriore povertà che si aggiunge a questa nostra Italia in cui non si ragiona più con pacatezza, ma tutto si risolve a suon di slogan, di manifesti postati sui social, di video su Facebook, di foto su instagram, senza il desiderio di ascoltare le ragioni di chi non la pensa nella stessa maniera”.

Restringere la stampa è restringere la libertà e, perciò, impoverire la democrazia. “Voglio credere, e sperare, che in proposito ci possa essere un ripensamento – chiosa Zanotti -. Il pluralismo dell’informazione è troppo importante per la nostra vita democratica. Un bene essenziale, a cui non si può rinunciare. Favorire la presenza di più voci non è un regalo a nessuno, ma una necessità per assicurare quel sano dibattito, a mio avviso indispensabile, su cui si costruiscono le democrazie più evolute, anche a costo di una manciata di milioni di euro, un’inezia nel bilancio dello Stato. A meno che non si tratti di una vicenda solo politica. Una scure lanciata verso quanti non la pensano come chi ora si trova al comando del vapore.

Salvatore Monaco.

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