Caro Peter
su ItaliaOggi leggo la ricostruzione di un
nostro colloquio che sarebbe avvenuto del
2009 in cui tu mi annunciavi le tue dimissioni dall’Espresso per andare a dirigere
la parte on line del Fatto. Racconti la mia
reazione dicendo: «Mi sconsigliò vivamente,
mi disse che quello era giornalismo di serie
B. Ho paura che lei non avesse capito come
stavano cambiando le cose». Per amore della
verità e dei fatti, vorrei ricordarti come
andarono realmente le cose.
La prima volta
che ci parlammo fu diversi mesi prima delle
tue dimissioni. Mi dicesti che volevi fare l’editorialista e cimentarti in videoinchieste per la televisione. Del sito Internet del Fatto non si parlò assolutamente. Non ho mai citato
il giornalismo di serie A e B perché non fa parte del mio pensiero
e soprattutto perché l’unica persona che conoscevo con cui andavi
a lavorare era Marco Travaglio a cui avevo affidato una rubrica
sull’Espresso e il cui giornalismo evidentemente apprezzavo
dissi solo che un bravo inchiestista è spesso più incisivo di un commentatore
e che le videoinchieste richiedono una professionalità
molto specifica che non si improvvisa.
Per quanto riguarda le notizie sui potenti, tra cui Letta che avete
messo in prima pagina il primo giorno sul Fatto, e che “gli altri
giornali non avrebbero il coraggio di toccare”. Ti ricordo solo alcuni
nomi che furono oggetto di inchieste, e di copertine, molte delle
qua li frutto anche di tuoi lavori, di cui L’Espresso si è occupato
durante la mia gestione: Tronchetti e il sistema di intercettazioni
Teleann, Cosentino e la mafia nel governo, i voli di stato di Mastella
(che portarono alle dimissioni del ministro), il sistema di potere
di Cesare Geronzi, tutte le inchieste su Berlusconi compreso la
pubblicazione, prima di chiunque altro, delle registrazioni della
D’Affiori° a Palazzo Grazioli sul sito Internet dell’Espresso.
Non ho mai dato però lezioni di giornalismo. Non vorrei neanche
riceverle.
Con la stima di sempre
Daniela Hamaui (direttore editoriale dei periodici di Repubblica)
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