Hacker scatenati. I pirati siriani della rete che difendono le posizioni del regime di Assad hanno sferrato, con successo, un attacco contro il portale di uno dei più popolari quotidiani americani. Si tratta del New York Times che, per una buona mezz’ora, è andato letteralmente in crash.
Lo scopo del raid informatico appare scontato: assalendo il sito internet del celebre foglio della Grande Mela, i fuorilegge del web hanno voluto manifestare il proprio dissenso per l’annunciata (e per qualcuno imminente) decisione degli Stati Uniti di intervenire militarmente in Siria per porre fine al sanguinoso conflitto.
A voler dar retta al SEA, Esercito elettronico siriano, questa la sigla scelta dagli hacker, pare che i pirati non siano nuovi a questo tipo azioni: infatti, stando a quanto contenuto in una precedente rivendicazione, lo stesso gruppo si “attribuisce il merito” di aver già piratato siti autorevoli come quello di Twitter e dell’Huffington Post, messi temporaneamente fuori uso.
A tal proposito, è intervenuto Jim Prosser, portavoce del popolare social, il quale ha dichiarato che i tecnici di Twitter stanno lavorando per esaminare cosa sia realmente accaduto.
Ma torniamo al blitz messo a segno contro il New York Times.
I lettori della testata on line (che sono circa 1 milione al giorno) quando si sono connessi al sito, anziché visualizzare l’home page come al solito, si sono visti comparire l’inequivocabile scritta “Hacked by the SEA”.
Un segnale chiarissimo dell’avvenuta violazione. E non sembra essere ancora finita. Gli hacker siriani hanno infatti già annunciato che, nelle prossime ore, balzeranno all’assalto anche di altri portali di importanti media a stelle e a strisce. Una guerra nella…guerra.
Con la speranza che il conflitto non degeneri in una vera e propria escalation militare. L’augurio è che che lo scontro si fermi prima. Compreso, ovviamente, quello informatico.
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