L’International Trade Commission degli Stati Uniti ha respinto la denuncia per violazione di brevetto depositata dalla S3 Graphics (recente acquisto di Htc) contro la Apple nel maggio dell’anno scorso.
La sconfitta subita dalla compagnia specializzata nella produzione di chipset di grafica e schede video rappresenta una sorta di “smacco” per il secondo produttore di smartphone taiwanese. Va detto infatti che prima di questa sentenza due brevetti dei quattro contestati dalla S3 Graphics erano stati ritenuti violati dalla Apple da un altro giudice amministrativo della ITC. Risultato che da solo aveva convinto Htc a sborsare nel luglio scorso ben 300milioni di dollari per acquisire l’intero portfolio di licenze della compagnia uscita vincente dal contenzioso. Eppure a una settimana dal completamento di quell’acquisto, la sentenza della commissione federale statunitense stavolta ha dato ragione proprio a Cupertino. Nessuna violazione sarebbe stata infatti rinvenuta nella tecnologia di compressione dell’immagine “formato DXF” di proprietà della Mela, contestata dalla S3 Graphics, invalidando cioè una di quelle quattro licenze attraverso cui Htc contava di tutelarsi nelle prossime battaglie legali contro il nemico di sempre. Al danno si aggiunge anche la “beffa” dato che la produttrice di smartphone made in Taiwan il prossimo 6 dicembre dovrà comparire di nuovo davanti alla corte, questa volta citata in giudizio dalla Apple per l’infrazione di due licenze.
Insomma, la “guerra” dei brevetti sembra tutt’altro che rallentare il proprio corso, essendo piuttosto frutto di una prassi ormai consolidata da tempo: investire nel mercato della proprietà intellettuale relativa alle nuove tecnologie per garantirsi il primato (momentaneo) nell’innovazione. L’esito dell’asta dei 6000 brevetti della canadese Nortel (produttore di hardware per le Telco, fallito nel 2009) riguardanti anche la connettività Lte (frequenze 4G) per i dispositivi mobili, ha fatto per così dire scuola. Una cordata formata da Apple, Microsoft, RIM, EMC e Sony Ericcson si è infatti assicurata il bottino dei brevetti che nel lungo termine potrebbe garantir loro l’esclusiva su alcuni profili cruciali della tecnologia quali la ricerca su internet e la connettività 4G. Un risultato che avrebbe poi indotto Google all’acquisto di Motorola per tutelare i propri smartphone da probabili citazioni future data la natura open source del sistema operativo Android in essi presente.
Un paradosso, quello delle dispute legali a suon di brevetti, che sarebbe stato in parte fronteggiato dalla Presidenza Obama con la recente introduzione dall’America Invents Act. La nuova legge punterebbe infatti a riformare il sistema attualmente in vigore negli Usa, sveltendo le procedure di assegnazione delle licenze (facendo prevalere la formula del “first to file” ) e dotando l’Ufficio Marchi e Brevetti (USPTO) degli strumenti necessari ad un più puntuale controllo sulla qualità dei titoli di esclusiva avanzati dalle aziende.
Manuela Avino