La manovra avrà un’entità complessiva di 47 miliardi, un po’ più dei 43 inizialmente ipotizzati. Così, con il passare delle ore, i confini del provvedimento, messo a punto dai tecnici dell’Economia e oggi al centro del vertice di maggioranza a Palazzo Grazioli, hanno cominciato a delinearsi con più chiarezza. Gli interventi su 2013 e 2014 – a ridosso delle elezioni – sarebbero i più corposi: 40 miliardi nei due anni. Tra le misure della manovra è prevista la disattivazione coattiva degli impianti delle tv locali che a fine 2012 non avranno liberato le frequenze destinate alla banda larga mobile. Gli introiti della gara devono entrare in bilancio entro il 30 settembre 2014. Dunque linea dura del governo contro le tv locali che se non libereranno entro il 31 dicembre 2012 le frequenze della banda 790-862 mhz subiranno la disattivazione coattiva degli impianti. Mentre nulla si dice sul promesso aumento dell’indennizzo da dare alle tv che liberano le frequenze.
Si aggiunge anche questo al clima già teso che caratterizza i rapporti tra il governo e le associazioni delle tv locali.
«Con due commi della legge di stabilità vorrebbero cancellare il sistema televisivo italiano», così Marco Rossignoli, presidente di Aeranti Corallo e Maurizio Giunco, presidente delle tv locali della Frt, hanno sintetizzano lo spirito della manifestazione delle imprese televisive «per il pluralismo e la libertà d’impresa». Le due associazioni non sono mai state così critiche rispetto al governo e alle grandi tv nazionali. I motivi sono fondamentalmente tre. Il primo è la decisione del Governo, inserita nella legge di stabilità 2010, di mettere all’asta per la banda larga mobile i canali televisivi dal 61 al 69. «Si tratta di nove delle 27 frequenze attribuite in ogni regione all’emittenza locale – spiega Rossignoli. Perchè non sono mai stati assegnati a una tv nazionale? Con 18 frequenze è impensabile passare al digitale in Sicilia, in Calabria, in Puglia, in Toscana e in Abruzzo. Altro che passare in anticipo alla fine del 2011 anziché a fine 2012».
Il secondo motivo della “rabbia” dell’emittenza locale sono i commi della legge di stabilità che prevedono nuovi obblighi di programmazione regionale, con l’obiettivo di impedire agli operatori locali di noleggiare capacità trasmissiva ai fornitori di contenuti nazionali. Obiettivo esplicito, quando a tali fornitori il Ministero dello sviluppo, dopo aver ricevuto un parere in tal senso dall’Agcom, assegnato ad emittenti nazionali “trasportate” da operatori locali, la numerazione che sul tv e sul telecomando si dà alle tv pluriregionali e non a quelle nazionali.
Il terzo motivo sono i canoni che rischiano «di superare il fatturato, se non equiparati a quelli analogici». «Se l’Agcom – spiega Giunco – non cambierà quello che ha fatto, si chiuderà il sistema».
Filippo Rebecchini, presidente della Frt, di cui fanno parte Mediaset e Sky, ricorda che aver fatto la transizione in regioni come Lazio e Campania senza avere il Regolamento sulla numerazione automatica, «ha portato alla scomparsa delle tv locali: ci vorranno anni per recuperare tali ascolti, perché solo i nuovi apparecchi hanno la numerazione del Regolamento».
E mentre le tv locali si dicono pronte a ricorrere contro il governo per vie legali, quest’ultimo già pensa a come difendersi: l’idea è quella di far rientrare nella competenze esclusiva del Tar Lazio tutte le controversie sulla gara e le procedure per la liberazione coatta delle frequenze. Inoltre, è stato stabilito che, «in ragione del preminente interesse nazionale alla liberazione delle frequenze, l’annullamento di atti adottati per liberare le stesse dovrà limitarsi all’eventuale risarcimento del danno senza alcuna reintegrazione in forma specifica». Il Tar, insomma, non potrà annullare l’atto e riconoscere il diritto d’uso delle frequenze all’emittente locale.
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Giurisprudenza GOVERNO DICHIARA GUERRA ALLE TV LOCALI: LIBERAZIONE COATTA DELLE FREQUENZE E LIMITATI...