Gli editori statunitensi hanno deciso di far fronte comune per opporsi allo strapotere di Google e Facebook. La News Media Alliance, organizzazione che raggruppa duemila editori statunitensi e canadesi, ha richiesto al Congresso una modifica della normativa antitrust in ambito di media e giornalismo. L’obiettivo degli editori è quello di avere una maggiore collaborazione con gli Ott, sia sul fronte della proprietà intellettuale che su quello della condivisione dei ricavi pubblicitari. I dati parlano chiaro: il 60% dei ricavi da inserzioni vanno a Google e Facebook; l’80% dei ricavi delle pubblicità legate alle ricerche su Internet è di Big G; su Facebook va circa il 40% delle pubblicità digitali. Cifre che hanno spinto gli editori a coordinarsi per arginare questo duopolio. La Nma ha anche citato il fenomeno delle “fake news” come conseguenza della diffusione indiscriminata di informazioni sui social. Il presidente dell’associazione, David Chavern, ha parlato apertamente di impoverimento della qualità e della pluralità del lavoro giornalistico. Quanto affermato dalla Nma è condivisibile. I social network sono giganteschi contenitori di notizie, condivisibili con grande facilità da chiunque. Gli Ott guardano con favore alla moltiplicazione di contenuti sulle loro piattaforme e non hanno mai mostrato un serio interesse alla qualità degli stessi, nonostante alcune iniziative intraprese negli ultimi mesi. Altro punto di critica è la depersonalizzazione delle notizie, che, buttate nel calderone dei social, vengono associate con difficoltà ai loro autori. Questo genera ulteriori difficoltà nel lettore, che può finire per dare credito a tutte le notizie, senza aver la possibilità di distinguere le fonti autorevoli da quelle più parziali. Una soluzione a questo, poiché una stretta collaborazione tra le testate e gli Ott è fuori discussione, è un cambiamento a livello grafico, che consenta di identificare con maggiore precisione i quotidiani più ragguardevoli. Le informazioni, quando diventano virali, aumentano i ricavi pubblicitari. E Google e Facebook non sono sicuramente all’oscuro di ciò. I colossi del web hanno il dovere di prendersi carico anche delle responsabilità che derivano dall’aver assunto un ruolo ufficioso di editori.
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