Una specie di guerra lampo si è scatenata nei
giorni scorsi tra il colosso di Mountain View e la stampa
belga.
Venerdì scorso alcuni giornali online in lingua belga, francese o tedesca, collegati
alla Copiepresse, sono spariti dai risultati del più
famoso motore di ricerca. Chi digitava La Libre belgique
oppure Le Soir, trovava su Google solo definizioni
di Wikipedia o citazioni. Non invece i siti Internet dei
quotidiani. Come mai?
Tutto ha inizio nel 2006, quando
Copiepresse, l’associazione degli editori belgi, decide
di fare causa alla grande G per violazione della proprietà
intellettuale. Il motivo del contendere è Google
News, l’aggregatore di notizie che riprende; con i link,
gli articoli dei giornali di tutto il mondo. Copiepresse
contesta al motore di ricerca la violazione di copyright,
il Tribunale dà ragione all’associazione e condanna Google
in primo grado. Il colosso Usa fa ricorso ma perde,
e il 5 maggio la Corte d’appello di Bruxelles conferma
la condanna a pagare 25 mila euro per ogni giorno di
permanenza dei link contestati. La rimozione da Google
News è quasi immediata, ma venerdì spariscono
dal motore di ricerca anche tutti i riferimenti ai siti Internet
delle testate belghe riconducibili a Copiepresse. «Una ritorsione contro gli editori», il commento degli editori, «il rispetto della sentenza», secondo Google.
Il traffico delle testate belghe subisce un calo pesante. Basti pensare
che Google trasferisce agli editori di notizie 4 miliardi
di click ogni mese.
«Non è mai stata nostra volontà – fa sapere un portavoce di
Google – escludere i loro siti dal nostro indice, ma
dovevamo rispettare un ordine del Tribunale. Copiepresse ci ha assicurato che possiamo reincluderli senza
incorrere nella multa. Lo faremo al più presto possibile».
La guerra lampo, almeno per ora, è finita.
Massimo De Bellis
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