Le perplessità in sede europea devono essere state molte, tanto da trasformare in una sorta di interrogatorio la richiesta di chiarezza avanzata dalla Commissione francese Cnil, sulla nuova privacy policy introdotta il 1° Marzo da Big G, con il palese intento di richiamare il team di Mountain View ai propri obblighi di trasparenza.
«Prego, spiegate se Google abbia attivato una procedura per rispondere alle domande degli utenti sin dall’annuncio della nuova policy per la privacy del 24 gennaio 2012», è solo uno dei 69 quesiti sottoposti dalla Commission Nationale de l’Informatique et des Libertés al CEO di Google, Larry Page (foto), che avrà tempo utile fino al 5 aprile per rispondere ai dubbi espressi dalla Commissione Europea riguardo all’integrazione delle norme sulla privacy relative a più di 60 servizi
offerti in forma gratuita dalla piattaforma di Big G. Un asset di accesso multicanale (YouTube, Google Plus, Gmail, Google Docs, Picasa) associato ad un unico account di registrazione e per questo in grado di ottenere una profilazione (anonima) degli utenti ancor più dettagliata ai fini dell’implementazione del business pubblicitario gestito a monte da Google attraverso i servizi Adwords e Adsense.
La Cnil fungerà da filtro nei rapporti tra l’azienda e la Commissione Europea che sulla base delle informazioni addotte e analizzate dalle rispettive Autorità Garanti degli Stati Membri, valuterà l’opportunità di un intervento di revisione della stessa policy nell’ambito dell’Unione.
Le domande “riflettono la necessità di chiarimenti giuridici riguardo la nuova informativa sulla privacy ed in particolare la condivisione dei dati degli utenti attraverso i servizi di Google”, si legge nella lettera. Le diverse questioni sollevate sono state suddivise in 10 macroaree di cui le più importanti sembrano essere: la gestione dell’informazione verso gli utenti, specificando quante domande di chiarimento siano state rivolte a Google; la gestione dei cookie attivati sui server in relazione al tipo di dati raccolti e, il più “cruciale” di tutti, la verifica della legittimità nell’incrocio di suddetti dati tra i singoli prodotti dell’offerta Google, indagando sulle modalità di combinazione associate ai corrispondenti profili degli utenti.
Di particolare interesse è stata una domanda rivolta da Cnil a Google avente lo scopo di identificare i servizi che attiverebbero un cookie chiamato “PREF”, un codice di autenticazione archiviato sulle apparechiature degli utenti e rispetto a cui il Centro di data protection francese vorrebbe appurare l’entità ed il tipo di informazioni raccolte.
Il questionario giunge all’indomani dei due dinieghi espressi da Mountain View alla richiesta di sospensione dell’attivazione della policy contestata dal gruppo Article 29 Working Party, al fine di verificare la compatibilità dei cambiamenti apportati ai termini d’uso del servizio con gli standard europei.
Cnil si riserverà, qualora il Ceo di Google lo conceda, di rendere pubbliche le risposte che verranno fornite da Big G il cui team intanto fa sapere in un’email di essere “fiducioso che la nostra politica di semplificazione della privacy rispetti tutti principi e le norme sulla protezione dei dati europei”.
Manuela Avino
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