Con un solo click, e in pochi millesimi di secondo, riempie tutti i nostri vuoti di memoria. Il nome di quell’attore che avevamo sulla punta della lingua, l’ingrediente della ricetta della nonna che proprio non riusciamo a ricordare, la data della battaglia che serve per la tesi di laurea. Google è diventato un prolungamento della nostra memoria che, di conseguenza, si è impigrita. Gli psicologi lo hanno chiamato “effetto Google”.
È quanto ha rivelato una ricerca pubblicata dalla rivista Science, che ha coinvolto un gruppo di volontari in vari esperimenti. In uno di questi, i partecipanti hanno ricevuto una serie di informazioni curiose su un computer. Alla metà di loro è stato detto che il computer avrebbe conservato le informazioni, l’altra metà invece sapeva che sarebbero state cancellate. I primi, hanno spiegato i ricercatori, «non hanno fatto lo sforzo di ricordare perché sapevano di poter facilmente ricercare le informazioni», mentre quelli che pensavano che le notizie si sarebbero cancellate si ricordavano meglio. «I risultati», hanno spiegato i ricercatori nel rapporto, «suggeriscono che la mente indica di andare al “dove” quando il “cosa” è stato dimenticato».
I rischi di questo nuovo corso sono diversi, ha spiegato a El Pais la psicologa clinica Beatriz Azagra: peggiora l’interesse per i testi scritti e la capacità di comprensione; diminuisce la capacità di immaginazione, perché «più che a fantasticare si pensa a pianificare la ricerca di informazioni. Anche l’apprendimento orale viene pregiudicato, «perché davanti all’esposizione ricca e interattiva del web, in particolare gli studenti trovano il racconto orale meno interessante».
Per fortuna ci sono anche aspetti positivi, tra i quali lo sviluppo della memoria visiva che viene stimolato dalla fruizione continua e diversificata delle immagini e dei video.
(Lettera 43)
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