In larga parte si tratta di sponsored post, inserzioni a pagamento che un committente diffonde al fine di veicolare traffico verso il proprio sito web, contando sulla curiosità che muove l’utente a cliccare sul link proposto per recuperare la parte mancante di un’informazione apparentemente ghiotta. È il click-baiting: una pratica così molesta da aver attirato le ire di Mark Zuckergerg che – da diversi mesi – combatte il fenomeno dei link acchiappa-click a colpi di algoritmi. Dopo Facebook anche Google ha preso di mira gli sponsored post e i siti di notizie bufala. Google impedirà ai siti di false notizie di utilizzare sulle loro pagine i suoi sistemi per la pubblicità online, una decisione che potrebbe avere serie conseguenze sui loro ricavi e che potrebbe ridurre sensibilmente il fenomeno delle bufale diffuse online, di cui si è tornato a parlare molto negli ultimi giorni in seguito alla vittoria di Donald Trump alle presidenziali negli Stati Uniti. Secondo numerosi osservatori, la diffusione di notizie false tramite i motori di ricerca e i social network ha condizionato in parte le elezioni, convincendo infine alcuni elettori a votare Trump a scapito di Hillary Clinton. Al momento non ci sono dati chiari per affermare con certezza che sia avvenuto questo condizionamento, ma il problema del successo delle notizie false e delle bufale online va oltre le elezioni statunitensi e riguarda più in generale il sistema dei media e dell’informazione.
Le nuove limitazioni per l’utilizzo dei sistemi pubblicitari di Google saranno attive entro pochi giorni, ha spiegato una portavoce dell’azienda al Wall Street Journal, e potrebbero interessare migliaia di siti. Google è uno dei più grandi intermediari nella gestione delle pubblicità online attraverso la sua piattaforma AdSense: i siti che vi aderiscono mostrano banner pubblicitari che Google ha venduto a chi vuole farsi pubblicità; l’azienda trattiene per sé una percentuale per il servizio, mentre il resto rimane al sito che ha messo le pubblicità sulle sue pagine. Più annunci sono visualizzati e cliccati più alti sono i ricavi derivanti dalla pubblicità ed è per questo che spesso proliferano i siti di bufale: danno notizie verosimili, ma comunque incredibili, che attirano clic e che rendono quindi in termini pubblicitari; il problema è che le notizie che diffondono sono inesatte o completamente inventate, quasi sempre all’insaputa di chi le legge e condivide sui social network.
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