Per Google la Cina è la «superpotenza più pericolosa del mondo» e il Pentagono dimostra di condividere l’analisi al punto da trarne le immediate conseguenze, potenziando il «Cyber Command». Le mosse del gigante dell’«information technology», di base a Menlo Park, California, e della Difesa degli Stati Uniti ci si accorge vanno nella stessa direzione. Per comprendere l’entità della convergenza bisogna iniziare da «The New Digital Age», il libro scritto a quattro mani dal ceo di Google Eric Schmidt e Jared Cohen, titolare del centro studi «Google Ideas».
I co-autori hanno forti legami con l’amministrazione Obama: sin dalla campagna del 2008 Schmidt è un consigliere informale di Barack – che ha più volte tentato di coinvolgerlo nel governo – mentre Cohen, 31 anni, è un veterano del Dipartimento di Stato dove si è dedicato a studiare le trasformazioni del Medio Oriente, arrivando a scrivere «Children of Jihad» sugli umori delle nuove generazioni, più sensibili all’hi-tech che al fondamentalismo. Il nuovo volume, che uscirà in aprile per i tipi di Random House, sovrappone sviluppo dell’hi-tech e relazioni internazionali, indicando nella Cina il principale ostacolo e avversario alla libertà su Internet. La tesi di Schmidt e Cohen è che «gli smartphone consentiranno presto ai pastori africani di informarsi sull’oscillazione del prezzo del latte e sulla presenza di predatori nei paraggi», consentendo agli abitanti dei Paesi più poveri e isolati di mettere sulla difensiva i regimi autoritari. Da qui la convinzione che la Cina sia l’avversario più minaccioso perché «è la nazione più attiva ed efficiente nel filtrare le informazioni che raggiungono i suoi cittadini» come nello sviluppare «generazioni di hacker» capaci di aggredire aziende e nazioni straniere.
«In un mondo sempre più digitale la volontà del governo cinese e delle sue aziende statali di ricorrere al crimine cibernetico è destinata a portargli vantaggi politici ed economici», sostengono Schmidt e Cohen, ipotizzando che Pechino possa riuscire a «dividere Internet» creando un’area digitale alternativa a quella che si origina dagli Stati Uniti. Lo scontro che si annuncia sarà duro e inizierà sul terreno commerciale, «perché le corporation cinesi usano gli hacker a fini di spionaggio guadagnando terreno illegalmente sui rivali americani».
La definizione di «superpotenza» dunque è destinata ad adattarsi all’era digitale e la Cina è il grado di esserlo, grazie a giganti pubblici come Huawei che puntano ad aumentare il controllo del mercato globale delle telecomunicazioni non solo per business ma negli interessi di Pechino. È tale orizzonte che aiuta a comprendere perché il ministro della Difesa, Leon Panetta, negli ultimi giorni di incarico ha ordinato di portare da 900 a 4900 i dipendenti del «Cyber Command» guidato da Keith Alexander. A dispetto degli ingenti tagli al bilancio, Panetta lascia in eredità al successore un rafforzamento che lascia intendere come i compiti del «Cyber Command» siano mutati: se finora doveva difendere gli Usa dal rischio di devastanti blitz, ora braccherà gli avversari. Come riassume Jeffrey Carr, analista di cybersicurezza: «Obama ha deciso di flettere i muscoli cibernetici».