Nelle ultime settimane del 2020 si è parlato molto dei problemi legali dei giganti di Internet. I fronti aperti sono davvero tanti, dalla violazione delle norme in materia di concorrenza alla presunta elusione fiscale, dal sistematico utilizzo illecito dei dati personali nella profilazione degli utenti alla capacità dell’algoritmo di incidere sui processi decisionali della politica. Questi fattori di rischio che hanno una duplice matrice di rischio, economica per il mercato e democratica per i diritti civili; e i timori sono condivisi a livello internazionale.
Ma ciononostante si deve registrare l’incapacità dei singoli Stati e delle organizzazioni internazionali di andare oltre sterili dichiarazioni d’intenti circa la volontà di contrastare la forza di questi solidi colossi.
Negli Stati Uniti d’America, la US Federal Trade Commission ha intrapreso un’azione legale per la violazione delle norme in materia di concorrenza. Oggetto dell’azione sono gli effetti delle acquisizioni da parte di questi soggetti degli altri operatori presenti sul mercato, ad esempio l’acquisto di Whatsapp e di Instagram da parte di Mark Zuckerberg ha oggettivamente creato una situazione di monopolio sul mercato dei social network. Ma è da anni che gli over the top riescono a operare sul mercato utilizzando gli enormi flussi di cassa che derivano dalla redditività della gestione corrente per acquisire le società ed i brand che potrebbero, in qualche modo, competere con loro.
Questa strategia non è una peculiarità di Facebook, ma anche di Google, Amazon, Apple e Twitter. Sono troppo grandi sia per competere con i piccoli che tra di loro. E la strategia diventa creare sistemi monopolistici che vanno oltre il concetto tradizionale di monopolio, invadendo settori contigui dell’economia e della società. Booking non è certo l’ultimo arrivato e ha sempre cercato a sua volta di escludere dal mercato i competitors. Ma ora accusa Google di creargli una barriera operativa insormontabile in quanto i risultati di geolocalizzazione, che includono la possibilità di prenotare direttamente da Google, prevalgono sulle inserzioni sponsorizzate. Insomma, un grande cliente del più importante motore di ricerca teme di essere cannibalizzato dal fornitore.
I differenti trattamenti fiscali tra i Paesi europei consentono a queste grandi multinazionali di essere presenti nel vecchio continente scegliendo dove e a chi pagare le tasse: il che significa scegliere quante pagarne e, chiaramente, la scelta ricade sui paesi a fiscalità di vantaggio come Irlanda e Olanda. Le misure adottate in tema di tutela del diritto d’autore, di ripartizione dei compensi, di tutela dei dati personali sono state sempre annunciate come misure drastiche, risolutive. Ma sono acqua fresca rispetto alla potenza di fuoco di questi soggetti che possono mettere in campo risorse finanziarie, tecniche e di competenze specifiche che gli stessi Stati non hanno. E rimane ancora, seppure sfumato, il vecchio mantra della libertà di Internet, del mercato perfetto, della efficiente allocazione delle risorse e del futuro digitale.
E allora diventa necessario comprendere che questa non è una delle tante sfide per il futuro, ma una partita essenziale per definire gli assetti del mondo che verrà e per evitare che dalla Silicon Valley parta una nuova guerra santa lanciata dai sultani digitali.
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