Categories: Giurisprudenza

GLI ORDINI PROFESSIONALI CONVOCATI DAL MINISTRO DELLA GIUSTIZIA. LA PROPOSTA DI IACOPINO PER SALVARE I PUBBLICISTI

Alle 13.32 di sabato 14 gennaio l’Ansa ha diramato questa notizia: “Il guardasigilli Paola Severino ha convocato per lunedì prossimo, 16 gennaio, alle 16.30, presso la sede del Dicastero di via Arenula, gli Ordini professionali vigilati dal ministero della Giustizia. Lo rende noto lo stesso ministero. Si tratta – si sottolinea nella nota dell’ ufficio stampa del ministero della Giustizia – dei rappresentanti di 20 ordini: avvocati, ingegneri, geometri, notai e, tra gli altri, giornalisti”. La convocazione è avvenuta per email, segno di una mossa che tradisce l’intenzione del Governo di chiudere in fretta questa partita. Sul tavolo c’è l’attuazione – con tanti dpr per ognuna delle 20 professioni – del comma 5 dell’articolo 3 del dl 138/2011 e dell’articolo 33 del dl 201/2011.
Il succo del comma 5 è questo: l’Ordine dei Giornalisti rimarrà, comunque, in vita dopo il 13/8/2012, ma senza i poteri disciplinari e senza l’elenco dei pubblicisti (perché gli stessi oggi non sostengono l’esame di Stato). L’articolo 33 precisa che, se entro il 13 agosto i nuovi dpr non dovessero essere varati, le leggi professionali verranno mutilate degli articoli in contrasto con i principi fissati nel comma 5.
Toccherà ad Enzo Iacopino illustrare succintamente la posizione dell’Ordine nazionale dei Giornalisti. Il presidente potrebbe accompagnare il suo intervento con la consegna anche di un documento che delinei l’ossatura del nuovo Dpr, che dal 13 agosto dovrà sostituire la legge 69/1963 “sull’ordinamento della professione di giornalista”, riservandosi di inoltrare successivamente un documento conclusivo ed esaustivo dopo la riunione (decisiva) del Consiglio nazionale dell’ente fissata per il 18, 19 e 20 gennaio. Iacopino, comunque, spera di attirare l’attenzione del ministro con una proposta innovativa a tutela di tutti gli iscritti, professionisti e pubblicisti.
Appare scontata ed ovvia l’accettazione del principio costituzionale e comunitario che l’accesso alla professione venga regolato con un tirocinio di 18 mesi (che presuppone il possesso di una laurea almeno triennale) e con l’esame di stato secondo il percorso di un libero accesso con la doppia opzione finale (elenco professionisti oppure elenco pubblicisti per chi è privo della esclusiva professionale) e con una rigorosa formazione obbligatoria per tutti (punto fondamentale del comma 5). Di fatto questa proposta include il salvataggio dell’attuale elenco dei pubblicisti sia pure ad esaurimento e la sostanziale rinuncia all’iscrizione di nuovi pubblicisti. Se il percorso è unitario per professionisti e pubblicisti sembra assurdo ipotizzare che l’aspirante pubblicista (laureato) svolga il praticantato nella forma tradizionale (presso una redazione) oppure frequenti un master universitario biennale (a tempo pieno e a pagamento) aperto, comunque, a chi abbia superato una selezione per merito. Quale persona ragionevole può svolgere il praticantato (a pagamento) per poi ripiegare sull’elenco pubblicisti?
Non ci saranno ripercussioni negative per le casse dell’Inpgi 2. Basterà introdurre una modifica allo Statuto della gestione separata in base al quale potranno iscriversi coloro che svolgono “attività giornalistica libera” con contratto d’opera (articolo 2222 del Codice civile). Questa soluzione è già presente nel Cnlg Fieg/Fnsi (articolo 5 dell’Accordo collettivo nazionale): “Art. 5). Le parti confermano gli usi e le consuetudini in atto nel settore dell’informazione per gli operatori non giornalisti che alimentano la rete informativa dei giornali con collaborazioni anche saltuarie, rese in regime di autonomia, con carattere accessorio rispetto ad altre diverse attività professionali o lavorative principali svolte dagli interessati”.
Sul fronte della deontologia, il Codice sulla privacy vincola coloro che svolgono attività giornalistica a prescindere dall’iscrizione all’Albo, mentre il segreto professionale è garantito a tutti i cittadini europei dall’articolo 10 della Convenzione europea sui diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali. Anche il Parlamento europeo ha dettato regole deontologiche a coloro che svolgono l’attività giornalistica a prescindere dall’iscrizione ad Albi.

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