Giornalisti figli di un dio minore

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La Federazione Nazionale della Stampa ha alzato gli scudi rispetto alla decisione del nuovo editore dell’Espresso di non accordare la tutela legale all’ex direttore Livio Abbate. Infrangere una buona prassi, ossia quella di garantire la piena autonomia del direttore rispetto alle azioni legali, spesso temerarie, non è una buona cosa. Ma, ed è un dato di fatto oggettivo, nessuna norma impone questo tipo di tutela, in quanto la funzione principale di un direttore di giornale è assumersi la responsabilità di quanto viene pubblicato sulla testata da lui diretta. La tutela dei giornalisti, di tutti i giornalisti, è garanzia di democrazia. Ma la domanda che appare del tutto spontanea è la differenza di trattamento che la Federazione Nazionale della Stampa dedica ai giornalisti che lavorano per i grandi giornali e quelli che, invece, lavorano in proprio o, peggio, in forma associata attraverso le cooperative giornalistiche. Quei giornalisti, spesso in difficoltà nel percepire gli stipendi, in quanto le società editrici, che sono le loro società, non hanno dietro grandi gruppi editoriali. E le tutele legali non le possono chiedere che a se stessi, in forma individuale o in forma aggregata. Questi giornalisti appaiono figli di un Dio minore, anzi dei senza Dio nella percezione di chi nel tutelare una categoria professionale cruciale per la democrazia si arroga il diritto di scegliere come diceva una canzone, il buono e il malamente.

 

 

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