Dopo oltre un anno di incontri e riunioni, la Commissione ha così portato a conclusione un lavoro che nonostante i tanti sforzi e tentativi di accordo, regredisce di fatto allo stato iniziale del percorso. Gli editori in sede di votazione si sono astenuti, motivando subito in maniera chiara ed inequivocabile le proprie ragioni mentre ieri sono state inviate le motivazioni dettagliate alla Presidenza del Consiglio dei Ministri. Spiace dirlo, proprio e soprattutto per chi avrebbe potuto beneficiare di un lavoro molto più costruttivo, ma ha vinto la demagogia e l’idea ben spendibile, purtroppo senza fondamenta, di aver finalmente messo dei paletti di riferimento così che tutti i giornalisti sfruttati e sottopagati o in contrattazione per nuove collaborazioni, avranno, da Marzo in avanti, uno strumento con cui dar valore alla propria professionalità. Nulla di più infondato e difficile da rivendicare. Gli editori avevano messo sul tavolo la possibilità di un contratto che venisse incontro alle esigenze di gestione della parasubordinazione, cercando di lavorare all’individuazione di tre aree nette di intervento contrattuale: la subordinazione, la parasubordinazione e la contrattazione autonoma, incassando anche una prima disponibilità di FNSI. Fatta salva la prima area, per la quale si possono individuare contratti di settore (anche se di difficile applicazione per il settore all digital) e la terza area per la quale vige la libera contrattazione, la parasubordinazione già applicata o potenzialmente applicabile ad un gran numero di collaboratori, avrebbe goduto di un contratto di riferimento strutturato e condiviso tra tutte le parti, riconoscendo ai lavoratori tutele e diritti di cui oggi molti non godono. La Commissione tutta, recepita la variazione ai parametri della legge in senso positivo e costruttivo (necessaria l’unanimità di voto) si era detta favorevole a lavorare alla definizione di un accordo collettivo per regolamentare in senso giuridico ed economico il lavoro giornalistico parasubordinato. La Commissione tutta, tranne chi proprio i giornalisti dovrebbe maggiormente tutelare. Strano a dirsi, ma i fatti parlano da soli. Evidentemente in termini di numeri politici vale di più un tariffario professionale che un contratto collettivo. Laddove i tabellari con prezzi minimi concordati sono stati dichiarati aboliti con DL n. 233 – neanche a farlo apposta lo stesso numero della legge sull’equo compenso – convertita in L.248 nel lontano 2006, e che rischiano dunque di vanificare tutti gli sforzi profusi a costruire uno strumento applicabile e più consono ai tempi e alle esigenze di settore. Questo il risultato fin qui raggiunto. La prossima scadenza, prima della completa operatività della legge, è il 28 febbraio. Entro tale termine si dovrebbero infatti presentare le indicazioni economiche per comporre il sopracitato tabellare. Gli editori, nell’intento di non mandare sprecata un’occasione di crescita collettiva e a dimostrazione di maturità nel procedere delle contrattazioni, hanno ancora una volta ribadito la propria disponibilità a trovare uno spazio di mediazione.
ANSO auspica e continuerà a lavorare al fine di poter trovare ancora uno spazio di applicazione dell’equo compenso in forma di contratto e non di semplice indicazione tariffaria. Sebbene a parziale risposta della mancanza di un contratto di riferimento per il nostro settore, questa sarebbe la prima vera opportunità di cucire un contratto di lavoro su misura per la figura del giornalista web. Contratto per il quale l’associazione si sta adoperando da già più di un anno.
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