Giornali, il Rapporto Censis: dimezzate le copie dal ’90 ad oggi

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Il mondo dei giornali ha visto dei cambiamenti radicali nel corso degli ultimi 25 anni

Le copie dei giornali vendute ogni giorno in Italia sono quasi dimezzate rispetto a 25 anni fa. Dal 1990, quando si è registrato il massimo storico delle vendite con una media di poco inferiore ai 7 milioni di copie giornaliere, siamo scesi sotto i 4 milioni. La dieta mediatica degli italiani presenta una sempre più marcata mancanza di informazione, tant’è che che la quota che fa a meno dei mezzi a stampa è salita al 47%. I quotidiani on line vengono letti dal 20,8% degli italiani, mentre il 34,4% dichiara di seguire i siti web d’informazione.
Questi dati, che emergono dal 48° Rapporto Censis sulla situazione sociale del Paese, mettono in luce una volta di più il difficile periodo vissuto dalla stampa e dall’intero comparto giornalistico italiano: calano i giornalisti occupati ed anche gli investimenti pubblicitari seguono lo stesso trend.

Giornalisti, aumentano i freelance
Ogni segmento del settore editoriale fa registrare flessioni nel numero dei giornalisti occupati: nel 2013 i periodici hanno “tagliato” il 7,7% dei redattori, i quotidiani il 5,6 e le agenzie di stampa il 3,9. Una scure che ha fatto segnare una media del -6,1% rispetto al 2012, che si traduce nella perdita di 602 lavoratori nell’arco di 12 mesi. Allargando il periodo di riferimento tra il 2009 e il 2013, i giornalisti usciti dal settore sono 1.662: 887 dai quotidiani e 638 dai periodici, rispettivamente -13,4 e -19,4%.
Di contro gli iscritti all’Ordine dei Giornalisti sono in sensibile aumento (+1% dal 2011, da 110.966 a 112.046). Le condizioni di lavoro sono mutate radicalmente: dal 2000 al 2013 il lavoro dipendente ha segnato un calo dell’1,6%, mentre a crescere è il lavoro autonomo (+7,1%). In poche parole, i giornalisti freelance sono passati dall’essere 1 su 3 nel 2000 a 6 su 10 nel 2012.

Pubblicità in calo
Anche gli investimenti pubblicitari fanno registrare il segno negativo: i primi sei mesi del 2014 evidenziano un calo del 2,4%. Se la Tv in qualche modo resiste, soprattutto grazie ai Mondiali di calcio disputati in Brasile, segna un +1,3% rispetto ai primi sei mesi dell’anno scorso. Flessione, invece, per la radio (-2,9%), mentre il web registra uno stallo con un aumento dello 0,01%: la corsa degli investimenti in advertising sembra subire un rallentamento a partire dal 2012. Il dato più allarmante è relativo alla carta stampata, dove il calo tocca l’11%. Se la Tv si conferma regina indiscussa per capacità di convogliare risorse per informazione commerciale, i quotidiani assorbono il 12,7% del mercato, seguiti poi dai periodici (7,6%) e dal web (7,3%).

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