Le prime redazioni nate sul web a metà degli anni ’90 conquistarono gli utenti proponendo attraverso i giornali online un modo alternativo di veicolare l’informazione di tipo generalista. A distanza di 20 anni, il successo dei siti d’informazione è in calo così come la qualità dei contenuti
Già circa quindici anni fa, con la diffusione dei primi quotidiani digitali, si capì che in tutto il settore dell’editoria sarebbe avvenuto un cambiamento epocale e che il modo di fare informazione non sarebbe stato più lo stesso. Grazie all’intraprendenza e alla passione di giovani giornalisti e talentuosi startupper che credevano nelle potenzialità dei nuovi sistemi offerti dal web, nacquero molte testate libere dalle logiche settarie dei giornali politicamente schierati destinate a rivoluzionare le modalità e l’esperienza della lettura. Per la prima volta l’accesso alle news era alla portata di tutti ed avveniva gratuitamente con un semplice clic stando comodamente seduti davanti al pc. Sin da subito i lettori dimostrarono di apprezzare la possibilità di sostituire la vecchia copia cartacea con quella digitale, più flessibile ed alternativa. Un notevole impulso alla crescita dei giornali on line, garanti di una maggiore pluralità, fu dato da diversi editori che, con investimenti cospicui, si attivarono e si strutturarono adeguatamente per migliorare i servizi ampliando e diversificando l’offerta. Furono create le prime app dedicate che consentirono di personalizzare l’informazione selezionando le news in base agli interessi e agli orientamenti di ciascun lettore.
Abbonamenti on line proposti a condizioni molto vantaggiose rispetto a quelli tradizionali, l’interazione più vivace e dinamica con la possibilità di commentare o condividere una notizia come mai fatto prima, la consultazione più rapida ed intuitiva dei siti specializzati sempre più presenti sul web, determinarono un’autentica “migrazione” di una consistente fascia di lettori dai quotidiani, riviste e periodici cartacei verso quelli digitali che si avvalevano anche del contributo di professionisti esperti, molto seguiti dal pubblico, grazie ai quali anche piccole e medie realtà imprenditoriali riuscirono a fidelizzare un numero sempre crescente di utenti che, sul modello americano, erano disposti a pagare pur di avere libero accesso ad alcuni contenuti di qualità. In netta controtendenza rispetto ai giornali tradizionali, quelli on line facevano registrare un aumento esponenziale sia di lettori che di inserzionisti, attratti dalla possibilità di diffondere, in maniera mirata, i loro messaggi pubblicitari ad una platea sempre più vasta grazie alla straordinaria cassa di risonanza rappresentata dai social (facebook, twitter, google +). Mentre le copie cartacee vendute calavano sempre di più e, con esse anche gli investimenti pubblicitari, in pochissimo tempo le piattaforme legate all’informazione digitale non risentivano della crisi e si aggiornavano continuamente cambiando le modalità di fruizione per essere ancora più competitive.
Diventati molto numerosi, in questi ultimi anni gli editori digitali hanno compreso che, per rispondere alla domanda di un’utenza sempre più attenta ed esigente e per restare al passo coi tempi, era necessario ricorrere a nuove strategie di web marketing che consentissero da un lato di raggiungere un segmento di lettori ancora non fidelizzato come gli over 50 e, dall’altro, di veicolare le news in maniera sempre più rapida. Quest’ansia da prestazione, in alcuni casi, ha generato minore attenzione alla selezione delle fonti. In questo modo, più che avvalersi di giornalisti accreditati e conosciuti dal grande pubblico, si è dato spazio a freelance e fotoreporter che, bypassando canali tradizionali ma affidabili come agenzie di stampa o siti specializzati, riportavano notizie non certificate (nei casi peggiori vere e proprie “bufale”) con lo scopo di anticipare i cronisti più navigati della carta stampata. Un’attività sempre più frenetica che si è evoluta anche nel lessico, più immediato ma meno ricco ed articolato, utilizzato soprattutto da fotografi e blogger che si servono dei new media per rendere immediatamente accessibile una storia, una dichiarazione, un commento più della notizia stessa.
Sempre meno dal pc e sempre più da device mobili di ultima generazione come tablet e smartphone, oggi l’informazione vede il progressivo impoverimento di inchieste e di approfondimenti realizzati da professionisti del settore a favore di news prive di completezza spesso legate al gossip e alle curiosità con l’unico obiettivo di diventare “virali”. Modalità di fruizione sempre più semplici e possibili ovunque, sistemi tecnologici sempre più avanzati, ricavi pubblicitari in costante ascesa eppure paradossalmente l’informazione digitale perde terreno, iniziano a calare i consensi e si sta svuotando di quel significato di profonda trasformazione, di rottura con il passato che ha caratterizzato i suoi primi anni di vita. E pensare di guardare al futuro rinunciando sempre più ad articoli e contenuti di qualità è una scelta rischiosa che, se da un lato tiene conto delle tendenze dei destinatari dell’informazione, ridotta quasi ad un rotocalco rosa, dall’altro potrebbe portare ad una minore libertà di espressione e al calo dei follower insoddisfatti da un’informazione molto omologata e sempre più livellata verso il basso.