Il mondo dell’editoria italiana sta vivendo una delle crisi più dure della sua storia, una crisi che ha messo in ginocchio decine di testate ed altre centinaia sono a rischio ogni giorno. Per questo alcune associazioni e federazioni del settore hanno dato il via alla campagna “Meno giornali Meno liberi” sul web e social network (sia Facebook che Twitter). Anche la Fnsi, Federazione nazionale della stampa italiana, è tra i promotori ed il neo presidente Santo Della Volpe ha rilasciato un’intervista a Claudio Silvestri del Roma riportata anche sul portale della campagna a favore del pluralismo dell’informazione. La sfida di Della Volpe è quella di firmare un Contratto durante una crisi tremenda come quella che stiamo vivendo, aggravata dal taglio dei fondi all’editoria che potrebbe portare alla chiusura di oltre 200 testate su tutto il territorio nazionale. Proprio la questione del fondo è alla base della campagna #MenoGiornaliMenoLiberi, tramite cui è possibile firmare una petizione per chiedere al Governo di garantire il sostegno pubblico e la sopravvivenza delle testate, del pluralismo e della libertà di informazione e di stampa.
Un fondo per la sopravvivenza
Moltissime testate, infatti, hanno bisogno del fondo pubblico semplicemente per sopravvivere, vendite e pubblicità da sole spesso non bastano. “La prima preoccupazione – spiega Della Volpe – è quella dei posti di lavoro che verrebbero meno se dovesse continuare il taglio ai finanziamenti. Teniamo conto che i fondi per l’editoria fanno parte del patto contrattuale. La Federazione ha firmato il Contratto nazionale perché il Governo aveva dato delle precise rassicurazioni sul contributo economico all’editoria, che doveva essere di una certa portata. Se viene meno quel vincolo, più di 200 testate finiscono di esistere“.
Da questo verrebbe poi un altro problema: si perderebbero delle risorse di grandissima importanza per i territori, perché senza i giornali locali molte cose rischierebbero di passare inosservate. “Senza quei giornali ci sarebbero meno libertà e meno democrazia. Il Governo questo lo deve tenere ben presente”.
I piccoli giornali rappresentano il rapporto tra cittadino, informazione ed istituzioni. In un contesto come quello italiano è importantissimo che l’informazione sia più capillare possibile.
Eppure nel nostro Paese si è fatta molta confusione e l’opinione pubblica ha spesso messo insieme nel termine “casta” giornalisti, i politici, le cose che vanno bene e che vanno male nell’informazione. Della Volpe infatti dichiara che “tutto è diventato casta. Esistono le caste nel nostro Paese, è vero. Ma esiste gente che fa un mestiere difficile come quello del giornalista, su dei territori che sono da comprendere, con dei meccanismi sociali ed economici in continua evoluzione e che il giornalismo ci aiuta a comprendere”.
Due pilastri per il contratto dei giornalisti
E’ vero che negli anni passati ci sono stati esempi di cattive gestioni dei soldi pubblici, ma è anche vero che non si può punire tutti per le colpe di pochi. Certo ci vuole un controllo, ma in un contesto come il nostro l’informazione ha bisogno di essere tutelata perché qui da noi i giornali difficilmente possono vivere degli incassi delle edicole, o della pubblicità o delle inserzioni. Se dovessero chiudere le 200 testate oggi a rischio tremila persone si ritroverebbero all’improvviso senza lavoro. Un deficit economico non si risolverebbe in questo modo, anzi si acuirebbe per le spese degli ammortizzatori sociali e scatenerebbe anche una crisi culturale e di informazione.
C’è poi la questione legata ai compensi: la crisi di settore ha spinto pericolosamente in giù gli stipendi a discapito sia degli stessi giornalisti che dei lettori. “Il ruolo fondamentale del giornalista è quello di essere un mediatore tra la verità dei fatti e il desiderio di conoscenza del cittadino”, continua il presidente della Fnsi. Il nuovo contratto dei giornalisti dovrà ripartire da due pilastri: la solidarietà contrattuale tra i colleghi e la possibilità di dare a tutti la possibilità di vivere di questo mestiere.
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