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“Giorgio Risi”, la casa di produzione pubblicitaria piemontese compie 25 anni

Per capire il perché del successo della casa di produzione Giorgio Risi, dal nome del suo fondatore, basterebbe fare un giro negli studi di Lungo Dora Colletta a Torino dove tutto nacque 25 anni fa e alla quale oggi si è aggiunta anche la succursale milanese di va Antonio Borgese. Un luogo molto lontano dalla cultura metalmeccanica sabauda, l’unica che negli anni d’oro della Fiat fece della città della Mole una capitale del lavoro, un luogo che pullula di creatività fra juke box originali, manifesti della Coca Cola, arredi all’American Graffiti. Tutto perfettamente in stile con un’azienda, unica in Piemonte e non solo, al top per quanto riguarda la produzione di spot pubblicitari. Ferrero, Iveco, Mondadori, Vergnano, Buffetti, alcuni dei suoi clienti. Il luogo dove sono nate molte delle “réclame” che nel corso di questi 25 anni hanno accompagnato i momenti degli italiani davanti alla tv, e dove continuano a fermentare innovative proposte originali. Il merito va, ovviamente, alla creatività di Giorgio Risi il quale dopo una laurea in architettura, gli anni all’Armando Testa, decise nel 1996 di intraprendere la carriera in autonomia spinto da una forte voglia di fare e da doti artistiche, in primis la musica, che non lo hanno mai abbandonato. Lo abbiamo incontrato, oggi, nella sua Torino pronto a festeggiare i suoi primi 25 anni di successi insieme con il suo preparatissimo staff del quale fa parte anche il figlio Alberto, fotografo professionista, futuro erede della casa di produzione.

 

“Venticinque anni è un primo traguardo importante, soprattutto considerando il contesto  storico nel quale si sono collocati. Abbiamo veramente visto il mondo prendere derive pericolose e mercati vacillare in molte aree di business, inclusa la nostra. La sopravvivenza all’interno di questi complessi scenari è legata principalmente all’intuizione, alla sorte e come dicono gli inglesi “right time right place”. E’ ovvio che devi essere pronto a riprogettare e riorganizzare idee e pensieri di fronte ai continui cambiamenti” spiega Giorgio Risi.

 

Qual è il segreto?

 

“Non credo ci sia una formula magica. Credo piuttosto che unire insieme idee e progetti, sia pura alchimia. Il segreto per crescere? Ascoltare e avere l’umiltà di imparare, soprattutto da generazioni diverse dalla tua. Credo che tutti abbiano qualche cosa da dire e da dare quando vivono delle proprie passioni, giovani e vecchi, nessuno escluso. Questo è un mestiere che ti stimola, ti appassiona, ti fa mettere in gioco ad ogni “puntata” e ad ogni “partita”.

Il mio team è davvero straordinario, e lo dico con grande orgoglio; energia pura, pensiero e dinamica, un mix perfetto di idee e d’azione, sempre pronto ad accettare nuove sfide.

Il mio più grande ringraziamento va a loro, unito ovviamente a tutti quelli che nel corso di questi 25 anni mi hanno aiutato a crescere e consolidare questa realtà, regalandomi il grande privilegio di coronare questo meraviglioso sogno”.

 

Com’è cambiato il modo di produrre spot in questi 25 anni?

“Direi che si è totalmente stravolto. Il passaggio dalla pellicola al digitale ha accorciato i tempi e cambiato, in modo sostanziale, le modalità operative. Questo a vantaggio di una maggior qualità tecnica e a favore di una più ampia opportunità di sperimentazione. Non ultimo l’aspetto economico: i costi di produzione si sono decisamente ridotti proporzionalmente rispetto a quelli di vent’anni fa. Inoltre la tecnologia ha fortunatamente invaso anche il mercato della post-produzione, dando così maggior spazio alla creatività e a nuovi linguaggi”.

 

E soprattutto avete risentito dei due anni di lockdown?

“Il nostro settore è stato coinvolto, come per molti altri, in questa crisi globale. I cambiamenti, soprattutto se non pianificati, sono sempre soggetti a rischi imprenditoriali imponderabili e per questo in alcuni casi possono essere davvero pericolosi. Abbiamo per fortuna superato con discreta serenità questo periodo, senza grossi danni”.

 

 

La pubblicità e i nuovi media: internet, streaming, pay tv.

“Qui si apre un universo. Trent’anni fa i nostri target erano meno profilati e di massima i mezzi di comunicazione di massa erano principalmente la tv e la stampa. Non esistevano molte variabili e soprattutto la comunicazione veniva indotta seguendo schemi più elementari. Il web ha completamente stravolto questo settore: la profilazione oggi è chirurgica e i big data la fanno da padrone. Strategie e creatività si sono dovute adeguare a questo cambiamento epocale”.

 

A che punto è il mercato?

“Difficile rispondere a questa domanda. Siamo spettatori di un’economia globale che ha preso derive spesso pericolose, dove purtroppo l’intervento del singolo ha poca voce in capitolo. Alcuni settori sono decollati ed altri purtroppo non sono riusciti a tenere il passo”.

 

Il rapporto con Torino, città di grandi aziende ma che sta perdendo l’industria automobilistica…

“Torino è per sua natura una città laboratorio che ha saputo reinventarsi più volte nel corso della sua storia. L’automobile è stata la grande opportunità offerta a questa città, ma anche la sua trappola. Torino è una città che può crescere dando spazio alla cultura e al turismo, unita alle eccellenze imprenditoriali presenti sul territorio che hanno creduto ed investito in questa realtà”.

 

Progetti futuri?

“Per fortuna tanti”.

 

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