L’editoriale di Mario Giordano, direttore de “Il Giornale”, sul finanziamento pubblico alla stampa pone all’attenzione del prossimo Governo un problema delicatissimo, ossia il rapporto tra Stato e pluralismo.
La tutela delle minoranze è una peculiarità delle vere democrazie. La rappresentanza parlamentare dipende, invece, dai sistemi elettorali adottati. Per garantire la governabilità di un Paese la legge elettorale può preferire il principio della stabilità a quello della rappresentanza. Ma, se di democrazia si tratta, occorre dare a tutte le componenti del Paese la possibilità di esistere, di sopravvivere. Perchè dalle minoranze possono nascere le nuove maggioranze e la mobilità, la flessibilità del pensiero sono l’anima di un sistema democratico.
Non condividemmo lo spirito della Bersani, perché difendevamo e continueremo a difendere il principio che tutte le norme in materia di diritti fondamentali non debbono, e non possono, essere trattate con decreto legge. In quella occasione, la prima lenzuolata, furono tagliati i fondi complessivamente destinati al reparto dell’editoria ma furono salvaguardate le posizioni dell’Unità e di Europa. Era un serio indicatore dell’avvio di un Governo che diceva una cosa e ne faceva un’altra, tutelando gli amici e colpendo i nemici, ossia tutti quelli non amici.
Ma il tema del sostegno all’editoria non può essere affrontata prescindendo dalla realtà del sistema editoriale italiano. In cui, è inutile nascondersi dietro un dito, solo i grandi giornali, che pure fruiscono di sovvenzioni di gran lunga superiori a quelle destinate alle imprese di dimensioni minori, possono sopravvivere. Le ragioni sono diverse: la scarsa propensione alla lettura, le economie di scala, il costo della distribuzione e del lavoro giornalistico, i bassi ricavi da pubblicità. Senza i contributi diretti gran parte dell’editoria italiana scomparirebbe. E senza quelli indiretti, ripetiamo di gran lunga superiori per valore assoluto, le grandi imprese avrebbero molte meno risorse da destinare allo sviluppo e, diciamolo, agli azionisti sotto forma di dividendi. Questo non significa che una riforma non sia necessaria.
Ma occorre una riforma vera, che parta dalla reale conoscenza del mercato e del settore, e non da sciatte norme che modificano articoli oramai posticci. Non si deve e non si può trattare il ruolo del sostegno all’editoria se non si affrontano tutti i temi collegati all’impresa ed al mercato editoriale. Gli scandalismi servono a poco; o meglio servono a portare la gente nelle piazze senza informarli della realtà delle cose. Ma per questo già abbiamo Grillo.
Informo il direttore Giordano che Otto Pagine è un giornale quotidiano diffuso ad Avellino e provincia; e che di pagine ne ha tra le ventiquattro e le quaranta al giorno. E’ un giornale ampiamente diffuso e radicato nell’area di riferimento. Ha alle proprie dipendenze dieci giornalisti professionisti, tre praticanti, un pubblicista, quattro amministrativi ed oltre trenta collaboratori. Fare Vela è una cooperativa giornalistica che produce un mensile di riconosciuta qualità e che grazie ai contributi dello Stato è cresciuta al punto da non aver più bisogno di assistenza. Non ha presentato la richiesta di contributi per il 2007, perché grazie all’autorevolezza che ha acquisito nel settore ha superato il rapporto massimo tra ricavi da pubblicità e costi complessivi consentito dalla legge. Cavalli e Corse è un giornale editato da una cooperativa di giornalisti. Gente che ha deciso di rinunciare ai contributi a partire dal 2008, e di avere stipendi ridotti, pur di garantirsi l’autonomia dalle pressioni del gruppo, un’importante concessionaria dello stato, che possedeva la testata. Gliel’hanno resa e si fanno il proprio giornale: senza contributi. Probabilmente non ce la faranno, perché il mercato non lo consente. Ma non c’è da rallegrarsene.
Enzo Ghionni
Presidente federazione italiana piccoli editori
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