Mathias Döpfner, amministratore delegato del gruppo Axel Springer, ha scritto una provocatoria lettera aperta all’executive chairman di Google, Eric Schmidt, con questi toni: «Abbiamo paura di Google. Devo dirlo onestamente e chiaramente perché nessuno dei miei colleghi oserebbe farlo pubblicamente». Döpfner accusa Google di voler imporre «un superStato digitale» libero da vincoli imposti dalla privacy e dalle regole dell’antitrust. Le accuse non si fermano al dominio sul mercato web del colosso hitech: il manager tedesco denuncia ambizioni extra-digitali dell’azienda americana, in particolare il progetto di costruire una macchina senza pilota e l’acquisizione di Titan Aerospace, un produttore di droni. «Google non vuole solo sapere dove stiamo andando con la nostra macchina ma pure cosa stiamo facendo in quel momento» scrive.
E’ bene ricordare che dal 1 Agosto 2013 è entrata in vigore in Germania la nuova legge sul diritto di proprietà intellettuale (LSR) che consente agli editori (su richiesta) l’utilizzo di testi editoriali attraverso una licenza. Tuttavia, singole parole o piccole sezioni di testo restano royalty free. Su Google News, la notizia viene riassunta in 250 caratteri di testo e corredata di una foto di piccole dimensioni.
Schmidt ha invece più volte ricordato che Google news non ha pubblicità e che funziona come punto di connessione fra lettori e fonti di informazione autorevoli (fra cui i siti di informazione) in tutto il mondo. In ogni caso per leggere l’interno dell’articolo, l’utente deve cliccare e quindi viene reindirizzato verso il sito dell’editore. Uno smistamento di miliardi di ckick, precisamente 10 miliardi di visite reindirizzate ai siti degli editori ogni mese in tutto il mondo. Ogni click è per il sito – teorizza Schmidt – un’opportunità di business per far aumentare audience e ricavi. Solo nel 2013, calcola il chairman di Google, attraverso AdSense (il programma di Google che i siti usano automaticamente per far circolare i loro contenuti attraverso il motore di ricerca ndr) Google avrebbe fatto guadagnare 9 miliardi di dollari agli editori.