GELLI SU CDA RAI: CURRICULUM SCRITTI MALE. E COMUNQUE NON SERVIREBBERO

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Chi non sa scrivere un curriculum non può essere al vertice di un’azienda come la Rai. C’è un formato europeo da rispettare». È l’opinione di Pier Luigi Gelli, ex dg della Rai (dal 1998 al 2001) e ora direttore generale dell’Università privata Luiss.
È Italia Oggi che dà luce alla dichiarazione di Gelli. Inoltre il quotidiano sembra concordare con il disappunto del dg, riportando e commentando alcuni stralci di curricula. Non si salva neanche la presentazione di Michele Santoro. Il testo del teletribuno sembrerebbe un misto tra il libro Cuore («ho lavorato fin da piccolo per mantenermi agli studi»), una biografia di un politico («ho aderito al Pci nel 1972 diventandone dirigente a tempo pieno») e di un mediatore aziendale («tra i promotori del passaggio de Il Mattino dal Banco di Napoli a Rcs»).
Facciamo qualche altro esempio. Marco Marsili, leader del Partito Pirata, spiega la sua esperienza in Rai e rimanda, da buon cultore di “pirata della rete” al suo sito internet.
Poi c’è Carlo Freccero, l’amico fraterno di Santoro. Il direttore di Rai4 elenca una serie di articoli scritti su vari quotidiani tra cui L’Unità, Le Monde, Reset e Micromega.
Nessuno tra questi sembra rispettare gli standard. Infatti Gelli consiglia l’iscrizione al primo anno della Luiss. Nel suo ateneo insegnano a scrivere un curriculm, anche prima di averne uno.
Tuttavia tra gli oltre 300 candidati che si combattono un posto in cda Rai, non mancano curriucula regolari. Tra questi ci sono quelli di Gherardo Colombo e Benedetta Tobagi, scelti dalle società civile per delega del Pd. Poi ci sono Rodolfo De Laurentiis e Antonio Verro, due consiglieri in carica, rispettivamente dell’Udc e del Pdl, speranzosi in una riconferma. Una presentazione ben scritta sarebbe anche quella di Renato Parascandolo, ex manager Rai, “sponsorizzato” dall’Istituto Superiore degli Studi Filosofici.
Dunque secondo Gelli e Italia Oggi, la scrittura formale del curriculum sembrerebbe più importante delle singole competenze maturate. Quasi come se la Rai fosse un’azienda di revisione di presentazioni ufficiali, anziché un’azienda radiotelevisiva che produce e veicola contenuti.
In ogni caso, anche un curriculum ben scritto e delle competenze specifiche, secondo Gelli «non servono a niente».
È un’affermazione nichilistica, desolante, ma carica di significati. Forse la si può capire meglio andando a ripercorrere l’ultima parte della carriera di Gelli in Rai. Egli si dimise nel 2001 perché non riusciva a «portare avanti il progetto industriale». Sembra un’affermazione vaga e politicamente corretta. Tuttavia in quel periodo tra i vertici Rai c’erano parecchie tensioni.
Si parlò di screzi con il Polo delle Libertà (coalizione tra Forza Italia e Lega Nord) che promuoveva Silvio Berlusconi, e con il presidente della Commissione Vigilanza Mario Landolfi, esponente di An e anch’esso sostenitore di Berlusconi. Pare che influì il gradimento della trasmissione Satyricon di Daniele Luttazzi e dell’Ottavo nano.
Per Gelli e Zaccaria, allora presidente della Rai, fu un programma eccellente e brillante. Per Landolfi meno. «Se Zaccaria e Celli si divertono a vedere Luttazzi annusare gli slip di Anna Falchi, fingere di bere la pipì di una bella bionda, o prepararsi a mangiare cacca è un problema, anche serio, ma tutto loro. Abbiamo assistito ad una escalation, ad una rapida corsa verso il baratro della volgarità», affermò Landolfi. E poi sull’Ottavo nano, sempre Landolfi disse: «Zaccaria e Celli chiedano scusa agli italiani. Abbiamo detto che è giusto che la satira prenda di mira la politica, soprattutto quando i bersagli sono a 360 gradi, ma con la caricatura di Padre Pio, siamo oltre la satira. È dileggio religioso».
In ogni caso Gelli si dimise, anche in seguito alle pressioni dell’intero Polo delle libertà, e fu eletto in tempi rapidissimi Claudio Cappon. Satyricon fu interrotto e Danile Luttazzi non tornò più in Rai.
E forse per questo che Gelli sembra disfattista.

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