“Mentre i fratelli Ladisa, tramite la Ledi srl, sono impegnati a costruire il futuro della Gazzetta del Mezzogiorno per non interromperne la storia pluricentenaria, i suoi lavoratori continuano a subire gli effetti negativi delle precedenti gestioni e soprattutto della situazione venutasi a creare dopo che il giornale e tutti i dipendenti hanno vissuto per due anni in una bolla, in seguito a un sequestro antimafia poi risultato illegittimo in quanto privo di presupposti. Un fatto mai accaduto, in Italia, per un giornale”. La denuncia è arrivata in una nota del comitato di redazione del giornale che ha spiegato le difficoltà che, ancora oggi, si vivono nel quotidiano e ha riferito, a chiare lettere, le responsabilità.
Il cdr, nel lungo documento apparso anche sul sito del giornale, ha chiarito: “Purtroppo, non è l’unico record negativo della vostra e nostra Gazzetta. Dopo il fallimento della Edisud, il giornale è rimasto in edicola solo grazie al Tribunale di Bari che ne ha autorizzato l’esercizio provvisorio in funzione della ricerca di un nuovo editore. Ma sebbene l’esercizio provvisorio si sia concluso lo scorso 10 dicembre, i curatori nominati dal Tribunale, prof. Michele Castellano e dott. Gabriele Zito, non hanno liquidato ai lavoratori tutte le competenze maturate. E anche in questo caso, si tratta di un primato negativo che a sua volta, per quanto siamo riusciti ad accertare, sarebbe unico in Italia. Mai è accaduto che una gestione provvisoria, che si svolge sotto l’egida di un Tribunale della Repubblica e – si suppone – nel rispetto assoluto di leggi e regolamenti, si sia conclusa lasciando a secco i lavoratori”.
Ma non è tutto: “La tredicesima maturata dopo la dichiarazione di fallimento, una quota dello stipendio di dicembre, le ferie non godute per far sì che il giornale continuasse a garantire la sua funzione informativa per i territori di Puglia e Basilicata restano ancora un miraggio per giornalisti e poligrafici e a nulla sono servite le richieste inoltrate ai curatori Castellano e Zito: quelle formali sono rimaste lettera morta; quelle invece inoltrate per le vie brevi, hanno ricevuto alzate di spalle, mezze risposte evasive, in un continuo gioco di rinvii nel quale le responsabilità – e le verità – si rincorrevano senza fornire né certezze, né garanzie”.
Quindi il cdr ha affermato: “Siamo giornalisti, e con i compagni poligrafici abbiamo dimostrato attaccamento al lavoro. Siamo lavoratori e abbiamo dimostrato ragionevolezza. Ma è difficile mantenere la calma nel momento in cui la stessa curatela da una parte affida consulenze professionali a chi dovrebbe occuparsi dei nostri diritti e dall’altra deposita, con ritardo e con errori, le richieste per la cassa integrazione Covid, la cui liquidazione, al momento, è ferma alle competenze maturate nei mesi estivi. Per non dire degli errori nella compilazione degli elenchi per i versamenti a favore del Fondo di Previdenza Complementare dei Giornalisti. Solo tante scuse con le quali non si pagano le bollette, né si porta il cibo in tavola”. E infine la conclusione: “Mentre altri professionisti, certamente non più strategici di noi, hanno puntualmente incassato anticipi sui loro meritati compensi”.
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