E’ stata uccisa davanti alla sua porta di casa Gauri Lankesh, giornalista indiana nota per le sue posizioni contro l’estremismo induista. La Lankesh si è più volte opposta in passato anche al Bjp, il partito del premier Narendra Modi. La giornalista, secondo il fratello, non aveva ricevuto minacce di morte, ma era stata più volte etichettata con odio sui social da estremisti di destra. Il governatore dello stato del Karnataka ha ordinato la formazione di un pool di investigatori per fare luce sull’accaduto. La tv all news Ndtv ha affermato che è stata fatta tacere “la voce del coraggio”. Negli ultimi sette anni sono stati uccisi 25 cronisti in India, paese che si classifica al 136esimo posto nella classifica sulla libertà di stampa stilata da Reporter senza frontiere. In migliaia hanno manifestato contro l’episodio di criminalità, soprattutto nella città di Bangalore, nella quale si è tenuta la camera ardente. La Lankesh era responsabile del settimanale da lei fondato, “Lankesh Patrika”, che si proponeva di dare voce all’oppressione delle minoranze. Non a caso la giornalista aveva scritto anche a difesa dei rohingya, minoranza musulmana del Myanmar perseguitata dalla maggioranza buddista. La morte di Lankesh ha scatenato anche tensioni tra i gruppi politici. Il vicepresidente del partito del Congresso, Rahul Gandhi, ha attaccato il Bjp, affermando che “chiunque lo attacca viene sottoposto a pressioni, attaccato o anche ucciso”. Dura la replica di Nitin Gdakari , ministro dei Trasporti, il quale detto che “fare un’analogia tra l’assassino della Lankesh e l’ideologia del Bjp è profondamente ingiusto”. La realtà è che, però, negli ultimi anni alcuni esponenti del partito hanno affibbiato ai giornalisti il poco simpatico nomignolo di “presstitute”, dall’unione delle parole “stampa” e “prostituta”. Perciò un pur labile collegamento tra la politica del Bjp e l’assassinio della giornalista non è del tutto campato in aria.