Le fusioni tra gruppi editoriali sono un segnale che i giornali contano sempre meno. Ne è sicuro presidente dell’Ansa, Giulio Anselmi, che in un’intervista al Fatto Quotidiano spiega il suo punto di vista: “se due quotidiani come Repubblica e Stampa – anche se speriamo che l’impegno di mantenere le due testate autonome venga onorato – finiscono nello stesso gruppo vuol dire che i giornali pesano meno”.
Una questione economica o politica? “Per i politici, si sa, meno giornali si hanno di fronte meglio è”, afferma ancora Anselmi: Facebook e Twitter hanno aperto una nuova era per la comunicazione dei partiti e degli onorevoli, un era in cui non coi sono intermediazioni, mentre in televisione raramente vengono contraddetti. La cosa strana, rileva il presidente dell’Ansa, è l’indifferenza del “mondo dei giornalisti” e “dell’opinione pubblica” di fronte a “un’operazione di questa portata”.
Una possibile spiegazione sta nel fatto che “attraversiamo una crisi della quale non s’intravede una via d’uscita e perché i giornali sono stati lungamente subalterni. Basta pensare a come sono stati trattati, nell’ordine, da Monti, Letta e Renzi: appiattimento a pelle d’orso”. Quello italiano, sottolinea il numero uno dell’Ansa, è un establishment che ha sempre, storicamente, avuto bisogno dell’appoggio del governo.
Per ribadire questo concetto, Anselmi ricorda che “nella mia esperienza di presidente della Federazione degli editori non ho fatto altro che andare in giro con il piattino. In un sistema che dipende per cultura dal potere pubblico, tenuto conto dell’accrescersi del bisogno di aiuti dopo la grande crisi economica (che malgrado gli annunci ottimistici di Renzi è tutt’altro che alle spalle) ovviamente i giornali si conformano”. Oltre a questo, conclude il presidente dell’Ansa, dobbiamo considerare che in Italia i maggiori quotidiani appartengono a persone che, in un modo o nell’altro, hanno bisogno di un sostegno dalla politica.
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