FRT: MAGAGNE IN SERIE CON LE ULTIME GRADUATORIE TV

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Ecco cosa ha scritto il periodico ‘Radio & Tv Notizie’ della Frt:
“Con la pubblicazione da parte del Ministero dello Sviluppo Economico delle ultime graduatorie di assegnazione delle frequenze digitali alle emittenti televisive locali operanti nelle regioni Piemonte, Lombardia, Trentino Alto Adige, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna, Lazio (esclusa la provincia di Viterbo) e Campania si è chiusa (TAR permettendo, visti i ricorsi pendenti) una delle fasi più difficili della storia delle televisione locale italiana. Il passaggio al digitale terrestre ha completamente cambiato gli equilibri di mercato e del sistema televisivo creati in oltre trent’anni di televisione analogica ed a pagare il conto più salato sono state proprio le emittenti televisive locali maggiori.
Si sperava che il passaggio al digitale terrestre avrebbe contribuito a razionalizzare il sistema televisivo locale. Purtroppo è avvenuto l’esatto contrario. Oggi il sistema televisivo locale sta perdendo, e in alcuni casi ha già perso, le imprese migliori, quelle con più fatturato, con più dipendenti e con i maggiori ascolti. Basta dare uno sguardo alle ultime, devastanti, graduatorie regionali di assegnazione delle frequenze alle emittenti locali per rendersene conto. Emittenti insignificanti per consistenza aziendale, per patrimonio netto, per volume dei ricavi, per numero di dipendenti e quindi sconosciute, si sono classificate davanti – in alcuni casi escludendole dalle posizioni utili per l’assegnazione della frequenza – ad emittenti regionali storiche, capitalizzate, aziendalmente strutturate.
La scelta del Ministero in ordine ai criteri di assegnazione dei punteggi è stata dirompente, oltre che, a nostro avviso illegittimo. Nella regione Lazio, per esempio (ma anche nelle altre) un’emittente che ha totalizzato solo 0,30 punti (zero punti sul patrimonio netto, zero punti sui dipendenti, zero punti sulla storicità! e 0,30 punti sulla copertura) si è classificata al terzo posto! Mentre emittenti regionali storiche con patrimonio netto in alcuni casi superiore ai 4 milioni di euro e decine di dipendenti, si sono posizionate in fondo alla graduatoria. Alcune emittenti regionali, con punteggi oltre i 40 punti sono state addirittura escluse dall’assegnazione delle frequenze!
La ragione di tale discriminazione è stata la decisione del Ministero di assegnare a tutti i soggetti partecipanti al bando di gara (tranne uno) punteggio zero al patrimonio netto, solo perchè nell’ultimo bilancio d’esercizio approvato e depositato non è riportata l’avvenuta instaurazione del regime di separazione contabile. Ciò ha finito per danneggiare le imprese con il patrimonio netto consistente a vantaggio di quelle con patrimoni minimi. Cosicchè, chi ha partecipato ai bandi regionali di gara pur avendo un patrimonio netto superiore ai 5 milioni di euro è stato superato da imprese televisive locali con un patrimonio netto magari negativo! Infatti è ampiamente risaputo che molte emittenti locali non possiedono nemmeno il valore minimo di patrimonio per ottenere, in ambiente analogico, l’autorizzazione.
Ogni anno la FRT pubblica uno studio condotto sui bilanci delle emittenti locali da cui si evince chiaramente che molte emittenti non raggiungono nemmeno il valore di patrimonio minimo previsto dalla legge. È del tutto evidente che la decisione di azzerare il punteggio sul patrimonio ha finito per rendere un enorme e immeritato favore alle emittenti sottocapitalizzate. Su questo aspetto e su altre censure il TAR è chiamato a pronunciarsi nei vari ricorsi presentati dalle emittenti che ritengono di essere state danneggiate dalle graduatorie.
Infine, fa impressione apprendere, dalla lettura della graduatoria del Lazio, che ben 19 emittenti non risultano avere dipendenti impiegati nell’attività di operatore di rete”.
Ma ci sono altri aggiornamenti, la situazione è in evoluzione e il Ministero ora potrebbe anche ‘vedersela brutta’. Vediamo perché:
«I numerosi ricorsi pendenti presso il TAR del Lazio potrebbero mettere in discussione l’intero processo di riassegnazione delle frequenze digitali alle emittenti televisive locali nelle regioni Piemonte, Lombardia, Trentino-Alto Adige, Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Emilia-Romagna, Lazio (esclusa la provincia di Viterbo) e Campania.
La questione è piuttosto delicata. Il TAR in molti casi ha riconosciuto l’esistenza del fumus boni juris ed ha, pertanto, ritenuto di accogliere le domande cautelari e quindi di sospendere la validità delle graduatorie in diverse regioni con effetti e ricadute che si possono ben immaginare. Purtroppo tutto ciò era stato previsto con largo anticipo ed invano le associazioni di categoria hanno cercato di convincere il Ministero dello sviluppo economico a rivedere alcuni criteri dei bandi che presentavano evidenti profili di illegittimità e la cui applicazione avrebbe finito per stravolgere la valutazione di merito finale delle emittenti.
In moltissimi casi sono stati ingiustamente premiati soggetti dotati di patrimoni netti molto modesti e con personale dipendente ridotto a poche unità solo ed unicamente perchè il Ministero ha provveduto d’ufficio ad accorpare in una forma di “consorzio forzoso” più emittenti sommandone i relativi punteggi a danno di società molto più strutturate dal punto di vista aziendale che, al contrario, sono state costrette a partecipare da sole ai bandi e sono state penalizzate dal non riconoscimento del punteggio relativo al patrimonio netto. In questo contesto le emittenti regionali sono state retrocesse nelle posizioni basse delle rispettive graduatorie. Alcune di esse hanno perfino perso i diritti d’uso.
Spetterà adesso al TAR rimettere a posto le cose, però i tempi non saranno brevi. La trattazione di merito dei ricorsi in alcuni casi è già stata fissata per l’estate del corrente anno, e poi c’è da considerare il probabile ricorso al Consiglio di Stato.
Nel frattempo le emittenti collocatesi al di fuori delle posizioni utili per l’assegnazione delle frequenze hanno dovuto spegnere gli impianti senza ricevere nessun indennizzo. Tali emittenti per continuare a trasmettere i loro programmi, hanno dovuto ricorrere agli operatori di rete attivando, a pagamento, la norma sul must carry prevista dall’art. 27 della Delibera 353/11/CONS. Tuttavia, non sempre farsi trasportare da altri operatori di rete in ambito locale è possibile, soprattutto in alcune zone corrispondenti a valli e montagne prima coperte dagli impianti di emittenti storicamente operanti su quei territori oggi cancellate proprio da quei criteri di assegnazione sui quali il TAR dovrà pronunciarsi».

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