FREQUENZE TV. TUTTO QUELLO CHE RISCHIA L’ITALIA

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Da quando, lo scorso 20 gennaio, il Ministro Passera (foto) decise di sospendere la procedure del beauty contest gli attori del mercato televisivo, nazionali e locali, sono ancora in attesa di capire i possibili scenari futuri. Attendono anche di conoscere le procedure per il cambio di destinazione della banda a 700 MHz, oggi occupata dai canali televisivi, ma destinata dal 2015 agli operatori tlc. Ritardi che pesano sia sul mercato interno che su quello internazionale.
«Gli operatori tv hanno investito in misura massiccia per rendere più efficiente lo spettro radio-elettrico e la nostra azienda ha speso più di un miliardo di euro», ha spiegato Gina Nieri, consigliere di amministrazione di Mediaset. «Quello che manca è la certezza nelle regole adottate in questa competizione. È la seconda volta che vengono cambiate in corsa. In questo modo stiamo bloccando tutto, inclusa la digitalizzazione del Paese. È una vera e propria pazzia. Mediaset ha bisogno di un quadro di riferimento chiaro. Dobbiamo capire, in tempi brevi, quanta di questa banda deve andare alle telco e quanta alle tv. Stiamo giocando con la nitroglicerina e rischiamo di far implodere un sistema senza alcun motivo».
Intanto diventa sempre più pressante il quadro competitivo a livello internazionale, con l’Italia che si presenta come il Paese più lontano dalle regole concorrenziali imposte per i prossimi anni dall’Europa. «C’è ancora tempo per non incorrere in una serie di sanzioni economiche, ma la linea temporale del 2015, imposta dalla convenzione di Ginevra, non è lontana anni luce», ha dichiarato Antonio Sassano, docente di ingegneria dell’informazione alla Sapienza. «Per quella data, per esempio, il Nord Africa inizierà a utilizzare la banda 700 mhz per i propri operatori di telecomunicazioni. Proprio l’Italia è il fronte futuro della guerra delle frequenze. Malgrado le sollecitazioni degli stati confinanti o le forti pressioni dell’Itu (International telecommunica-tion union, nda) il nostro Paese non ha mai coordinato il piano Agcom con le realtà territorialmente vicine. Ci troviamo di fronte a sei anni persi e le assegnazioni sono ancora quelle di Ginevra 2006. Sarà strategico muoversi su un doppio livello:un piano provvisorio per gestire il periodo 2012-15 e uno a regime in linea con quanto deciso a livello internazionale a Ginevra. Non c’è altra soluzione e bisogna intervenire in tempi brevi, per evitare ripercussioni, ma soprattutto perdita di immagine a livello internazionale».
Massimo De Bellis

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