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FREQUENZE TV: TRA ASTA E LA7 INCROCIO PERICOLOSO SOTTO L’ALBERO DI NATALE

Due mesi e mezzo: l’impegno di Passera di indire l’asta sulle frequenze entro l’anno si muove su tempi strettissimi. E che ora non dipendono più da lui. Ma questa gara si porta dietro la maledizione del beauty contest. E anche ora che il gentile omaggio del vecchio governo a Mediaset, Rai e Telecom è già nell’armadio dei ricordi (brutti) l’intera partita rischia di pasticciarsi. Intanto perché forse non sono questi mesi di crisi nera e pil sotto zero i più adatti per vendere al meglio le concessioni. E poi anche perché a questo punto la gara sta andando ad incrociarsi con la vendita di TiMedia: proprio lunedì scorso Telecom Italia ha riaperto la data room in attesa di offerte definitive per La7, Mtv, la rete di Timb e le sue tre frequenze. Insomma, Passerà potrà anche riuscire a mantenere la sua promessa, e questo politicamente ha il suo valore, ma non è detto che ciò sia la cosa migliore per il paese. E comunque ormai le cose non dipendono più da lui. La partita è infatti nelle mani di Ag-Com e di Bruxelles. E’ vero che al ministero spetterà alla fine l’ultimo passaggio formale, la scrittura del bando di gara e del regolamento, ma quello è un onere che si potrebbe sbrigare anche in non più di dieci giorni. Forse pure una settimana. In fondo si tratterà di aggiornare un “format” già sperimentato con successo sempre dal ministero, quello della gara per le frequenze 800 mhz di un anno

fa, l’asta da 4 miliardi euro. Il problema dei tempi dunque non è qui. Il problema è in quello che AgCom ha preparato (in discreto ritardo sulle tabella di marcia, anche al netto dei tempi di insediamento dei nuovi commissari) e che ha appena inviato a Bruxelles per avere l’imprimatur Ue su questa partita che, a distanza ormai di 7 anni, si porta ancora appresso una minaccia di infrazione contro l’Italia per la chiusura del mercato tv ai nuovi entranti. E questo imprimatur gli uomini Almunia – non a caso è il commissario alla concorrenza ad occuparsene e non Neelie Kroes, commissario ai media e all’agenda digitale – sembra lo stiano facendo sudare a Marcello Cardani, alla sua prima vera “prova” internazionale da presidente di Ag-Com. Cardani è stato a Bruxelles lunedì scorso ma in AgCom smentiscono che sia andato a parlare della bozza. Eppure le voci che si rincorrono dicono che l’Ue starebbe avanzando rilievi ben sostanziali. Ma intanto, cosa ci sarebbe scritto nella bozza? Le indiscrezioni descrivono un pacchetto così congegnato. Le sei frequenze dell’ex beauty contest sarebbero divise in due diversi pacchetti: un primo con le frequenze 54, 55 e 58, ossia i canali ai quali puntavano Mediaset, Rai e Telecom Italia, che sono nella banda 700 mhz e per le quali si metterà a gara una concessione di 5 anni: scadenza dunque alla fine del 2017, data a partire dalla quale tutta la banda 700 verrà assegnata alle telecom mobili. Base d’asta per ciascuno di questi tre lotti, 20 milioni.Il secondo pacchetto: un primo lotto composto da un mix delle frequenze 6 e 7 in banda Uhf e altri due invece nella banda Vhf, verranno messi a gara con concessione di 15 anni e con base d’asta di 60 milioni. Un meccanismo di aggiudicazione che – per quanto se ne sa al momento – lascia aperti alcuni dubbi. A cominciare dal primo: ossia se il prezzo di aggiudicazione si intenda comprensivo di canoni oppure no. Nell’asta 800 mhz comprendeva i canoni. Vuol dire che il prezzo è di fatto l’anticipo di venti anni di canone concessorio. Le telco che si sono aggiudicate le frequenze stanno pagando circa 1,3 miliardi ciascuna ma non dovranno altri soldi allo Stato per il resto della concessione. Questa volta non si sa. Chiaro che se il canone non sarà compreso, il prezzo sarà più basso, diluito. Ci sarebbe poi un ulteriore problema. Sempre stando alle indiscrezioni, la bozza AgCom introdurrebbe limiti ai partecipanti: uno dei due canali in banda Vhf, da assegnare per 15 anni, verrebbe riservato ai nuovi entranti. Ossia operatori non già presenti sul mercato italiano. A questo lotto non potrebbe partecipare Sky, considerato “non” nuovo entrante. Ma c’è un’ulteriore limitazione: chi vincerà questa frequenza per nuovi entranti non la potrà utilizzare per fare tv a pagamento. Nel giro di pochi giorni il carteggio tra gli uffici di Roma e Bruxelles si è fatto fittissimo. Ora si tratta di vedere quando Almunia darà il suo ok (ma non sarà ancora quello definitivo). Se dovesse arrivare entro fine ottobre, massimo la prima settimana di novembre, la corsa contro il tempo potrebbe riuscire. AgCom dovrà infatti mettere a consultazione il testo approvato per 30 giorni. Dovrà infine tirare le somme delle eventuali osservazioni avanzate in questa fase, riscrivere un testo definitivo, inviarlo di nuovo a Bruxelles per il via libera finale e solo a quel punto lo trasmetterà al ministero. A conti fatti, quello che Passera potrà riuscire a fare è di indire la gara entro Natale. E con ciò la sua promessa sarebbe formalmente mantenuta. A quel punto entro gennaio 2013 si potrebbero avere gli esiti della gara. Tenendo presente che l’asta sulle 800 è durata circa un mese e proprio per questo ha fruttato oltre 4 miliardi, quasi il doppio della base d’asta: sono infatti i rilanci che allungano i tempi e sono quindi i benvenuti. La fretta in questo caso non porta bene. Ma c’è già chi inizia a scommettere che questa asta potrebbe anche finire deserta. D’altra parte chi potrebbe partecipare? L’elenco non è lungo. Rai: sarebbe il candidato ideale per le frequenze Uhf, i canali 6/7. Sarebbero ottimi per fare l’alta definizione targata Viale Mazzini. Ma 60 milioni dove li trova? Mediaset: rischia di chiudere l’anno con un calo di pubblicità a doppia cifra. Potrebbe addirittura iniziare a coltivare l’idea di disfarsi delle sue torri e a Cologno questa ipotesi comincia ad avere sempre più estimatori (forse più che a Viale Mazzini dove l’affezione per RaiWay è molto forte). Sky: le sue strategie sulla tv terrestre non sono chiarissime. Valgono qui gli stessi dubbi e obiezioni avanzati a proposito della sua candidatura all’acquisto di TiMedia. Telecom Italia? Escluso: chi comprenderebbe una sua candidatura ad acquistare frequenze da una parte mentre le vende dall’altra?. Emittenti più piccole in grado di fare il salto di qualità verso un ruolo nazionale? Non ce ne sono: la crisi della pubblicità pesa anche su di loro. E infatti in molti stanno uscendo. I 174 milioni di euro messi a disposizione dal ministero per chi restituisce frequenze e permette la liberazione dei canali 61-69 che dal prossimo primo gennaio dovranno essere consegnati a Telecom, Vodafone e Wind (H3G non ha preso frequenze 800 mhz nell’asta) sembra siano stati praticamente tutti utilizzati. Cosa resta allora? Si vocifera molto dell’attivismo di Discovery Channel, che viene data per sicura candidata all’acquisto di TiMedia. Ma se fosse interessata alle frequenze, potrebbe forse trovare più conveniente guardare a queste, a 60 milioni, piuttosto che a quelle di Telecom, sicuramente più costose, stando almeno alle cifre che girano. A meno che la partecipazione di Discovery alla data room di TiMedia non sia semplicemente una cortesia verso Telecom Italia, per fare vedere che c’è interesse su TiMedia, visto che proprio sui Mux Telecom viaggiano oggi i suo due canali, Real Time e D-Max. Sarà un caso che una delle trasmissioni di successo di Real Time si chiami proprio “Cortesie per gli ospiti”? La vera soluzione sarebbe di voltare pagina e cercare di attrarre un parterre di operatori di rete puri. Una figura che in Italia non c’è ma che esiste in Francia, Germania, Regno Unito. Certo, è un peccato che non ci sia un soggetto italiano in questo settore. E d’altra parte solo in Italia torri e impianti di trasmissione sono integrati verticalmente nelle compagnie media (è per questo che le chiamiamo ancora “emittenti”). Da qualche parte si comincia ad incolonnare costi e vantaggi dell’operazione di creare un “campione nazionale” nel settore, mettendo assieme RaiWay e Ei Tower di Mediaset. Sarebbe un altro obiettivo interessante per Cassa Depositi e Prestiti. I due giganti malati dell’ex duopolio si alleggerirebbero e potrebbero concentrarsi sui contenuti. Il settore avrebbe a quel punto risorse per svilupparsi. E soprattutto: con un operatore di rete unico il problema della gestione delle frequenze sarebbe definitivamente risolto.

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