La colpa che «l’Italia è al 68esimo posto nella libertà d’informazione nel mondo» è dei giornalisti. A dirlo è Beppe Grillo in un suo post, facendo riferimento al rapporto annuale diFreedom House, l’autorevole ente non profit americano che annualmente stila una classifica sulla libertà d’informazione nel mondo. Per questi “pennivendoli”, il leader del Movimento 5 Stelle annuncia un imminente “processo”, appena dopo che il movimento andrà al governo del paese. Ma le cose stanno realmente così? L’Italia è al 68esimo posto in classifica per colpa dei giornalisti? Non sarà proprio Grillo a fare disinformazione? Vediamo come stanno le cose. Innanzitutto, nel suo post Grillo rimanda alla classifica del 2013 dove, effettivamente, l’Italia è al 68esimo posto. C’è da dire però che nella relazione del 2014 l’Italia, se pur di poco, scala la classifica arrivando al 64esimo posto. Certo, non una svolta, ma sempre un fatto. La vera questione però è se dal rapporto Freedom of the Press si possa desumere che la colpa del risultato Italiano sia dei giornalisti, come afferma Grillo. A quanto sembra, le cose non stanno affatto così. Il rapporto che ha come finalità quello di fotografare lo stato dell’informazione mondiale e promuovere la libera informazione si basa su di una metodologia ben precisa che coinvolge più di 60 analisti attraverso «un processo multistrato di analisi e valutazione». L’esame del «livello di libertà di stampa in ogni paese è attualmente composto da 23 domande metodologiche» suddivisi in tre grandi categorie: il contesto giuridico, il contesto politico e quello economico. La categoria ambiente «mira a comprendere l’esame sia delle leggi e dei regolamenti» che possono influenzare la libertà d’informazione. Nel contesto politico, viene valutato «il grado di controllo politico sul contenuto delle notizie sui media». La terza categoria, quella economica, mira a comprendere «la struttura della proprietà dei media, la trasparenza e la concentrazione della proprietà». Tutte cose queste, ben illustrate nel rapporto stesso, nel paragrafo “Checklist of Methology”, nel quale vengono riportate tutte e 32 le domande. Leggendole, tutto si potrà dire, tranne affermare che il rapporto direttamente o indirettamente operi un giudizio sui giornalisti e sul loro operato. Solo marginalmente, in una domanda, viene posto il problema, ma non è sicuramente incidente sul risultato finale. Il rapporto fotografa il sistema informativo di un paese prendendo a riferimento altri valori e non i giornalisti, come afferma Grillo. Ora, chi è che distorce l’informazione? I giornalisti avranno sicuramente le loro colpe, saranno pure processati, ma se le cose stanno così tra gli imputati dovrebbe esserci anche Grillo.
(europa quotidiano)
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